Lilli Gruber, la difficoltà di essere presa sul serio se sei una donna sexy
La carriera di Lilli Gruber, uno dei volti femminili più noti del giornalismo italiano: da prima donna a presentare il telegiornale in Italia alla scrittura
La carriera di Lilli Gruber, uno dei volti femminili più noti del giornalismo italiano: da prima donna a presentare il telegiornale in Italia alla scrittura
Il suo nome, Dietlinde, significa “colei che guida il popolo”, ma il pubblico italiano la conosce dagli Anni Ottanta solo con un soprannome meno severo e poco austro-ungarico. Lilli Gruber, entrata nella storia della televisione italiana come prima donna a condurre un telegiornale in prima serata, dal 1987 combatte contro chi ha trovato sempre un motivo per criticarla.
Hanno tentato di sminuirla per i suoi capelli rossi, per la sua avvenenza o semplicemente per la postura da seduta. Nessuna, prima di lei, aveva “osato” cambiare qualcosa rispetto alla classica inquadratura frontale tipica da telegiornale. La doppia telecamera? Un vezzo, per chi non sapeva guardare oltre. E poi ci sono state le critiche per il suo carattere spigoloso e per la sua tipica conduzione “fredda”, forse tipica della terra in cui è cresciuta, l’Alto Adige.
Meno attenzione è stata rivolta alla sua intelligenza, alla sua competenza e alla sua bravura: una cosa che in Italia accade spesso. Perché l’idea che una donna possa essere al contempo intelligente e affascinante è una verità che ancora fatica a prendere piede in certe menti limitate.
Come tempo fa ha raccontato lei stessa a Serena Dandini in La TV delle ragazze, la colpa non è solo del clima testosteronico del nostro paese, ma anche dell’arrendevolezza di una buona fetta di popolazione femminile.
Io dico sempre alle giovani donne ‘mai dare per scontati i diritti’, bisogna sempre battersi. Le donne, soprattutto in Italia, sono un po’ poco coraggiose, devono essere disponibili a rischiare. Siamo noi che non ci prendiamo ciò che è dovuto.
Sfogliate la gallery per ripercorrere la carriera di Lilli Gruber…
Dietlinde “Lilli” Gruber nasce a Bolzano il 19 aprile 1957. Suo padre è un imprenditore di lingua tedesca che si separa da sua madre quando lei è ancora piccola. Come ha raccontato in un’intervista a Panorama, era un uomo severo, ma molto moderno.
Avevo 10-11 anni, quando spiegò a me e a mia sorella come avveniva la riproduzione, disegnando su fogli bianchi il cammino degli spermatozoi.
Fino a sei anni parla solo tedesco: solo alle elementari, a Verona, è costretta a imparare l’italiano. Le lingue diventeranno poi la sua passione, tanto che oggi è quadrilingue: dopo il liceo linguistico a Bolzano, frequenta a Venezia la facoltà di lingue e letterature straniere e subito dopo inizia il suo praticantato come giornalista.
Nel 1986 approda al TG2 ed è la prima donna in Italia a condurre il telegiornale in prima serata, facendosi notare per lo stile deciso e per la famosa postura di tre quarti, invece che frontale. Nel 1989 chiede di essere inviata in Germania e racconta per la Rai i giorni che hanno portato al crollo del muro di Berlino.
Nel 1990 passa al TG1 e si occupa prima di politica esterna, poi torna a essere inviata in zone di guerra. Collabora anche con diversi quotidiani italiani e televisioni straniere. Poi, nel 2003, constata una mancanza di libertà nel mondo dell’informazione e lascia la RAI per candidarsi al Parlamento europeo con l’Ulivo. Viene eletta con moltissimi voti di preferenza e per cinque anni porta avanti la sua attività politica. Si dimette sei mesi prima della fine della legislatura e rinuncia alla pensione da eurodeputata.
Lo rifarei. Ma dopo quattro anni e mezzo ho lasciato la poltrona rinunciando a 3.300 euro mensili di pensione e non me ne sono mai pentita.
Finita l’esperienza politica, dal 2008 torna al giornalismo, conducendo la trasmissione Otto e mezzo su LA7. Diventa anche scrittrice di romanzi, oltre che di saggi, pubblicando una trilogia sulla storia della sua famiglia e del Sudtirolo, ambientati tra il XIX e il XX secolo: Eredità, Tempesta e Inganno.
Nella vita di Lilli Gruber c’è spazio anche per l’amore, sebbene lei avesse giurato a se stessa di non sposarsi mai. Lui si chiama Jacques Charmelot e l’ha conosciuto “sul campo”.
È accaduto a Baghdad, mentre eravamo entrambi inviati di guerra. Ho capito che Jacques era importante per me, ma non avevamo garanzie per il futuro.
Tuttavia, devono aspettare per vivere la loro storia pienamente e per decidere finalmente di sposarsi.
Non aveva idea di chi fossi. Ci siamo innamorati, ma… Non eravamo liberissimi. Le vite sono complicate. Ci siamo aspettati e oggi mi pare un bene: per entrambi è un grande amore.
Cosa ne pensi?