Quell'ironia su Lorena Bobbitt che tagliò il pene di lui e che ridere non fa

Quell'ironia su Lorena Bobbitt che tagliò il pene di lui e che ridere non fa
Fonte: Lorena
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Un giorno probabilmente ricorderemo gli anni ’90 del Novecento come uno dei periodi più oscuri dell’età contemporanea dal punto di vista della ricerca della giustizia. Mentre il mondo si evolveva, la tecnologia e la medicina avanzavano seguendo una curva iperbolica, abbiamo assistito a delle vicende giudiziarie che ancora all’epoca rovesciavano i ruoli di vittima e carnefice. Una di queste vide protagonista Lorena Bobbitt. Per chi non ricordasse la sua storia, Lorena era una donna che lavorava come manicurista e che veniva picchiata e stuprata ripetutamente dal marito John Wayne Bobbitt. Ma niente paura, se avete dimenticato: Amazon, nelle scorse settimane, ha rilasciato Lorena, miniserie in quattro puntate sulla sua vicenda

Una notte, il 23 giugno 1993, dopo l’ennesimo stupro violento, la donna – che stava già avviando le pratiche per la separazione – andò in cucina, prese un coltello ed evirò l’uomo. Lorena Bobbitt quindi commise presumibilmente un crimine (da cui fu poi assolta come vedremo), ma quello che tutti non videro è che anche lei era, a sua volta, una vittima. Quello che fa più male oggi, da operatori dell’informazione, è ricordare come le cronache dell’epoca trattarono il caso, mettendo al centro lui e non lei, come evidenza la serie Amazon. Senza contare i comici e quelle battute facili che oggi hanno un gusto ancor più amaro. Perfino in Italia, gli Elio e le Storie Tese dedicarono una strofa della canzone Nessuno allo stadio, composta per essere la sigla di Mai Dire Gol in occasione del Mondiali di Calcio 1994 negli Stati Uniti, dove i protagonisti di questa vicenda vivevano:

Guardate Lorena Bobbitt,
pensate a suo marito;
quale interesse ripone lui nei mondiali,
secondo voi?

Sia Lorena Bobbitt – che oggi si chiama Gallo con il cognome da nubile – sia il marito affrontarono quindi due diversi processi in cui vennero tuttavia assolti entrambi. Per lei furono chiesti 20 anni di reclusione. Solo il processo della donna fu però trasmesso in tv, rendendo la vicenda ancor più spettacolarizzata. Il pene fu riattaccato a John Wayne Bobbitt – eh sì, i progressi della medicina di cui sopra – e lui si lanciò in una nuova carriera: nella pornografia. Intanto di lei si parlava ovunque, anche al Saturday Night Live, dove i calembour sul pene si moltiplicavano fuori dalla fascia protetta. Per 26 anni questa donna è rimasta oggetto di queste battute sull’evirazione.

Ero in modalità sopravvivenza – ha raccontato Lorena in una recente intervista all’Huffington Post – consumata dalla paura per la mia vita, e non sapevo neppure come aiutare me stessa. Mi sentivo senza speranza.

Durante il processo, furono mostrate le foto dei suoi lividi, furono riportate le testimonianze relative alla violenza dell’oggi ex marito. Le cose sarebbero molto diverse oggi. La violenza domestica, la violenza di genere viene presa in considerazione. È nato il movimento #MeToo. Abbiamo un termine per definire i compagni, i mariti, i fidanzati che uccidono una donna perché credono che sia qualcosa che appartiene loro: femminicidio. Ma all’epoca del processo no: furono giorni pene-centrici quelli. Nella serie Amazon, non solo si racconta la storia di Lorena Bobbitt, ma anche quella di come il suo ex marito ha poi proseguito con le violenze verso altre donne in questi anni. Una di loro racconta di essere stata picchiata, sospesa dal balcone a testa in giù, legata al letto e violentata:

Mi disse che ero la sua Lorena ora – illustra la donna nella serie – Né lei né io o altri gli saremmo sfuggite.

Anche lui oggi è tornato alla ribalta, rilasciando interviste e negando di aver mai fatto male a nessuno. È protetto naturalmente dal Primo Emendamento – per cui ognuno negli Stati Uniti ha libertà di parola. Naturalmente Lorena sostiene che le stia dando della bugiarda, anche se confida nella capacità delle persone di comprendere che lei a sua volta è stata vittima di una violenza reiterata negli anni. Tanto che vedendo il documentario di Amazon e ascoltando un’altra donna che come lei aveva dovuto sopportare tutto quello che ha sopportato lei negli anni ha commentato:

Mi sono sentita spaventata. Ovviamente lui non è cambiato. Non mi sorprende. Ho vissuto con lui. Conosco i suoi modi.

Ovviamente non stiamo facendo e non vogliamo fare un’apologia nei confronti del gesto della Bobbitt. La violenza è sempre sbagliata e non è il modo corretto con cui rispondere ad altra violenza, perché affermare il contrario porterebbe ben oltre la corretta giustificazione della legittima difesa: condurrebbe a quella stessa filosofia di pensiero alla base dei femminicidi.

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