Margaret Bourke-White e le immagini che possono cambiare il mondo
La storia di Margaret Bourke-White, prima donna a diventare reporter di guerra e fotografa per LIFE: credeva che le immagini potessero cambiare il mondo
La storia di Margaret Bourke-White, prima donna a diventare reporter di guerra e fotografa per LIFE: credeva che le immagini potessero cambiare il mondo
Fotografò Gandhi pochi minuti prima che venisse assassinato, seguì le truppe americane in Europa durante la Seconda Guerra Mondiale e fu tra le prime persone a entrare nel campo di concentramento di Buchenwald dopo la liberazione: no, la vita di Margaret Bourke-White non fu come tutte le altre.
Fino al 29 agosto 2021 sarà possibile ammirare la sua storia e le sue fotografie, anche quelle meno conosciute, alla mostra a lei dedicata Prima, donna al Palazzo Reale di Milano. L’esposizione, curata da Alessandra Mauro, raccoglie più di 100 scatti presi dall’archivio Life di New York, suddivisi in 11 sezioni ed è accompagnata da un catalogo edito da Contrasto.
Dalle fotografie del mondo dell’industria ai grandi reportage per Life e Fortune; la mostra mette in chiaro quanto Bourke-White sia stata davvero la prima a fare molte cose, il tutto in un momento storico in cui le donne erano il muto riflesso del padre o del marito, giudicate solo per il ruolo di figlie e mogli, lei ridefinì lo storia del fotogiornalismo.
Come raccontato nella sua autobiografia, Il mio ritratto, Margaret credeva fortemente nel potere narrativo delle immagini, soprattutto in un’epoca dominata dalla propaganda e dal populismo. La sua risposta all’odio e alle fake news era semplice: scattare, scattare ovunque, e raccontare la verità.
Sono fermamente convinta che il fascismo non avrebbe preso potere in Europa se ci fosse stata una stampa veramente libera che potesse informare la gente invece di ingannarla con false promesse.
Sfogliate la gallery per leggere la storia di Margaret Bourke-White…
Coraggiosa e fortemente determinata, Margaret Bourke-White sfidò la società del suo tempo in molti modi. Il suo stile di vita arrivò persino a oscurare la sua carriera come fotografa: viveva a modo suo, insieme a un uomo sposato, mettendo sempre la carriera al primo posto.
Come racconta il National Museum of Women in the Arts, Margaret White nacque a New York il 14 giugno 1904. Sua madre Minnie Bourke era una casalinga, mentre il padre Joseph White era un inventore, naturalista e fotografo amatoriale. Fu proprio insieme a lui che, ancora piccola, iniziò a visitare siti industriali e a sviluppare una passione per l’architettura. Cominciò poi a scattare durante il college, usando una vecchia macchina fotografica di seconda mano che le aveva regalato sua madre. “Dopo aver scoperto l’obiettivo, non mi sono più sentita una persona completa, se non pianificando o scattando foto”.
Nel 1927, dopo un breve e fallimentare matrimonio e una laurea in biologia alla Cornell University, Margaret si trasferì a Cleveland, in Ohio, per fotografare la fiorente industria locale. Per distinguersi, iniziò a firmarsi usando entrambi i cognomi dei genitori. Era una delle prime donne a competere in un settore quasi esclusivamente maschile come quello della fotografia. Qualcuno, geloso del suo successo, iniziò a raccontare in giro che c’era un uomo dietro al suo lavoro.
Il fatto che fosse una giovane donna non preoccupò affatto l’editore Henry Luce. Fu proprio lui ad assumere l’allora 25enne fotografa per la nuova rivista Fortune, per cui Margaret iniziò a viaggiare in tutto il mondo.
Nel 1930 Margaret divenne la prima fra fotografa occidentale a mettere piede in URSS, scattando un reportage sull’industria sovietica, ma immortalando anche una società del tutto sconosciuta agli occhi degli americani. Nello stesso periodo iniziò a frequentare lo scrittore Erskine Caldwell, che era però già sposato. Dopo il divorzio del compagno, nel 1939, i due si sposarono, ma anche in questo caso durò poco: tre anni dopo, Margaret era già tornata una donna libera.
Nel 1935 il suo editore le chiese di far parte della redazione fotografica di LIFE, al suo debutto. La sua foto della diga di Fort Peck nel Montana conquistò la prima copertina, ma ne seguirono molte altre, soprattutto a sfondo sociale. Tra gli scatti più celebri, c’è quello della fila di afroamericani, in attesa della distribuzione di un pasto, accostata alla pubblicità di una macchina per bianchi.
La Seconda Guerra Mondiale rappresentò l’occasione per mostrare il suo coraggio e la sua professionalità. Prima donna al mondo accreditata come corrispondente di guerra, seguì le truppe americane in Germania, trovandosi sempre pronta a scattare durante i raid aerei e i bombardamenti.
I suoi colleghi di LIFE iniziarono a chiamarla “Maggie the Indestructible”, proprio per la sua tenacia. Fu anche tra le prime persone a entrare nel campo di concentramento di Buchenwald dopo la liberazione e a immortalare Stalin.
Tra gli scatti più iconici di Margaret Bourke-White c’è anche quello di Gandhi, realizzato durante un reportage sull’India. Fu l’ultima giornalista a parlare con lui, prima che venisse assassinato il 30 gennaio del 1948.
Nel 1952, mentre stava documentando la guerra di Corea, Margaret svenne. In quell’occasione le venne diagnosticato il morbo di Parkinson, contro cui lottò coraggiosamente per il resto della sua vita. In attesa del momento in cui sarebbe diventata completamente paralizzata, cominciò così a scrivere la sua autobiografia, pubblicata nel 1963 e diventata subito un bestseller. Morì a soli 67 anni, il 27 agosto 1971, in un ospedale in Connecticut.
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