È ormai passato diverso tempo da quando, all’inizio degli Anni Novanta, il Messico ha iniziato a essere tristemente noto alle cronache per una lunga scia di barbari omicidi di donne. E un luogo, in particolare, è diventato suo malgrado famoso: si tratta di Ciudad Juárez, popolosa cittadina sul confine con gli Stati Uniti.
Proprio lì, molte grandi multinazionali avevano appena deciso di aprire le maquiladora, fabbriche destinate alla produzione di beni di consumo per i paesi più ricchi. La manodopera, pagata poco e nella maggior parte dei casi sprovvista di ogni forma di tutela, era costituita quasi esclusivamente da giovani ragazze o addirittura bambine. Le stesse che, come racconta il libro Ossa nel deserto di Sergio Gonzáles Rodríguez, iniziarono a sparire nel nulla oppure a essere ritrovate massacrate.
Il 2 maggio 2005 Edith Arnada Longoria, ventidue anni, è scomparsa in pieno centro cittadino. A tutt’oggi non c’è traccia di lei. Quello stesso giorno Airis Estrella Enríquez Pando veniva sequestrata in una via poco distante da casa. Il corpo è stato ritrovato il 15 maggio in un recipiente di plastica riempito di cemento. Era stata violentata e mutilata sessualmente. Aveva solo sette anni.
A distanza di circa trent’anni dai primi casi, poco è cambiato, non solo a Ciudad Juárez, ma in tutto il paese. Secondo le ultime stime delle Nazioni Unite, riportate dal quotidiano El Universal, si stimano nove donne uccise ogni giorno in tutto il Messico. Si è parlato di narcos e di connivenze malavitose, ma sono tantissimi anche i casi di omicidi compiuti da fidanzati e mariti per colpa di quel machismo su cui è ancora plasmata una buona parte della società latino-americana.
Tra le tantissime vittime c’è anche Alondra Guadalupe González Arias, uccisa nel 2017 quando aveva solo vent’anni. Solo un mese prima aveva denunciato le violenze subite dal compagno, senza però essere ascoltata. Grazie all’aiuto di Amnesty International, oggi sua madre chiede alle autorità del Messico di condurre indagini efficaci e di punire i responsabili. Ma non è la sola a domandare giustizia per una figlia, una sorella o un’amica.
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Operaie in una maquiladora messicana
A partire dal 1993, il deserto della cittadina messicana di Ciudad Juárez iniziò a riempirsi di cadaveri. Secondo quanto ricordato tempo fa in un articolo di Limes, proprio lì avevano iniziato ad arrivare migliaia di ragazze da tutto il paese in cerca di un lavoro e di una nuova vita. Molte di loro, però, non poterono più lasciare quella città.
Croci rosa a Ciudad Juárez
All’inizio si pensò a un semplice caso oppure all’opera di un serial killer. La prima vittima ufficiale fu Alma Chavira Farel, uccisa nel gennaio del 1993. E poi Gladys Janeth Fierro, violentata e strangolata a dodici anni. I casi di omicidio e scomparsa iniziarono a moltiplicarsi. Nella sola Juárez, in meno di poco più di un decennio vennero uccise centinaia di donne, quasi tutte sotto i 25 anni: si passò dai pochi casi del 1993 al totale di oltre 700 casi nel 2012.
Il ricordo delle donne uccise a Juárez
L’attenzione del mondo verso la situazione di Juárez spinse le autorità a prendere decisioni spesso contestate dall’opinione pubblica. Molte associazioni, compresa Amnesty, giudicarono inefficaci le misure adottate dal governo e dalla polizia.
Manifestazione a Juárez
Dagli Anni Novanta sono tantissime le associazioni nate per cercare delle risposte agli omicidi e alle scomparse avvenute nella cittadina. I casi sono effettivamente diminuiti, rispetto al decennio 1993-2013, ma sono ancora troppe le donne uccise non solo a Juárez, ma in tutto il Messico. Secondo gli ultimi dati delle Nazioni Unite, si ritiene che ogni giorno in Messico in media vengano uccise nove donne.
"Ci stanno facendo scomparire"
Il Codice Penale messicano fa riferimento al femminicidio, considerandolo un crimine che “priva una donna della sua vita per ragioni di genere”. Prova di tale crimine sono i segni di violenza sessuale, lesioni degradanti e precedenti di violenza a casa, al lavoro oppure a scuola.
Manifestazione contro i femminicidi a Città del Messico
Secondo un recente articolo apparso su Open Democracy, i dati ufficiali diffusi dalle autorità nazionali non sono veritieri rispetto alla situazione dei femminicidi in tutto il Messico. L’attivista María Salguero si occupa da tempo della mappatura dei crimini, costruendo un vero e proprio database in opposizione a quello ufficiale. Per ogni caso, ha raccolto tutte le informazioni rilevanti, compresa quella riferita ai bambini rimasti orfani.
Ragazze manifestano contro i femminicidi
Nell’ottobre del 2018, ha fatto scalpore in Messico la notizia di una coppia che ha assassinato più di venti donne a Ecatepec, un sobborgo molto pericoloso di Città del Messico. Ma sono tantissimi i casi, come quello dell’undicenne Valeria che nel giugno del 2017 non è mai scesa alla fermata dell’autobus dove suo papà la stava aspettando, poco fuori Città del Messico. Era la prima volta che andava da sola a scuola: la ritrovarono il giorno dopo sul sedile dell’autobus, violentata e uccisa.
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