1° agosto 1976; sul circuito tedesco del Nürburgring, alla curva Bergwerk, la Ferrari di Niki Lauda prende fuoco dopo un impatto spaventoso con una roccia a bordo pista. All’interno della monoposto il pilota austriaco, con il casco volato dopo lo scontro violentissimo, è intrappolato tra le fiamme.
Passano alcuni secondi prima che alcuni colleghi riescano a raggiungerlo per provare a liberarlo, mentre gli spettatori, dagli spalti, temono di doversi preparare ad assistere a una tragedia.
Le più giovani di noi avranno solo sentito dalla voce dei parenti la cronaca di quella giornata, o visto le immagini riproposte alla tv, ma l’incidente terribile di Niki Lauda, e soprattutto il suo recupero miracoloso e il rientro in pista a soli 42 giorni da quella domenica in cui ha rischiato la vita, sono storia dello sport, e non solo.
Lauda per anni ha rappresentato il mito assoluto della Formula Uno, l’uomo dalla volontà d’acciaio che non ha rinunciato alla sua passione, che si è rimesso in piedi spinto solo dalla propria determinazione, che ha lottato, che ha vinto tutto, persino la morte.
Quella stessa che però, come è nel destino ineluttabile di tutti, è giunta a reclamare il campione che più di quarant’anni fa le era sfuggito. Niki Lauda è morto nella notte tra il 20 e il 21 maggio in una clinica svizzera, dove era ricoverato per alcune complicanze ai reni, a 70 anni. Un’età piuttosto giovane per molti, un’altra vita intera avuta in dono per lui, che ad appena 27 anni ha rischiato di dare l’addio prematuramente a questo mondo.
Non lo giudicavano simpatico, tra i box, queste le voci che per anni si sono rincorse su di lui, almeno fino a quando l’incidente non ha permesso di vedere un altro volto di quell’uomo che aveva il dono della sintesi, che non parlava mai a caso, che era fin troppo diretto per incontrare i gusti di un mondo intessuto da ipocrisie e favoritismi vari. Fino a quando il suo viso sfigurato non è diventato il simbolo per tutti della forza, della capacità di rialzarsi, del non piangersi addosso.
Non lo ha mai fatto, Niki, che mal sopportava le domande sul passato e preferiva di gran lunga quelle sul futuro, che preferiva parlare dei suoi investimenti a Ibiza, isola del suo cuore, e non si lamentava mai per i continui controlli che doveva fare in ospedale, anzi trovava persino la voglia di scherzarci su, chiamandoli “tagliandi”.
La vita avventurosa, Niki Lauda, ce l’aveva nel sangue evidentemente, visto che anche fuori dai circuiti le sue relazioni non hanno mai seguito una via retta.
Due i grandi amori, Marlene e Birgit, una accanto a lui nei momenti drammatici dell’incidente, l’altra in quelli seguenti della malattia. Li abbiamo raccontati in gallery, assieme ad alcune delle frasi che hanno contribuito a rendere Niki Lauda un’icona indelebile nella storia non solo dello sport, ma della cultura mondiale.
Marlene Knaus, la prima moglie
Nel 1976 Niki Lauda sposa Marlene Knaus, che gli resterà accanto dopo il gravissimo incidente del Nürburgring. Da lei il pilota avrà Lucas, nel 1979, e Mathias, che seguirà le orme paterne, nel 1981.
Nel 1982, da una relazione extracoiugale, nasce invece Cristoph.
Marlene e Niki divorziano nel 1991.
Con Birgit
Nel 2008 Lauda sposa una delle hostess della compagnia aerea da lui fondata, la Fly Niki, Birgit Wetzinger, che ha 30 anni meno di lui. Nel 2009 la coppia ha avuto i gemelli Max e Mia.
Nel 2005 la stessa Birgit aveva donato un rene al pilota, a causa delle complicazioni insorte proprio dopo l’incidente.
Il suo segreto per essere felici
Trovare l’quilibrio sapendo che il tuo modo personale per arrivare alla felicità è spesso in conflitto con quanto desiderano tua moglie, la tua famiglia. La gente scontenta è scontrosa perché annega nella noia o non sa che cosa fare. Anche se non hai un lavoro devi impegnare il tuo tempo in cose banali, come leggere un libro. L’infelicità prospera dove mancano le passioni.
Preferisco avere il piede destro che funziona che un bel viso
Lauda ha raccontato a Pino Allievi nel suo libro Vite di Corsa i momenti dopo l’incidente.
Tutto accadde così velocemente che non ebbi il tempo di capire. I primi momenti in ospedale furono terribili. Urlavo per il dolore delle ustioni. Ma appena la situazione si normalizzò mi posi il problema se sarei tornato a correre oppure no. Ero integro dentro, solo la ‘carrozzeria’ aveva riportato danni. Non avevo nessun dubbio; volevo e potevo tornare’.
Sui danni lasciati dall’incidente, invece, Lauda disse
Preferisco avere ancora il piede destro che funziona, piuttosto che un bel viso.
Il primo ritiro deciso sul momento
Nel 1979 Lauda si ritirò per la prima volta dalle gare, mentre era alla guida della Brabham. Come scrive Allievi, dopo le prove del Gp del Canada Niki scese dall’auto e disse a Bernie Ecclestone che non voleva più correre.
Non ne potevo più, d’improvviso mi chiesi che cosa stessi facendo nell’abitacolo di un’auto da corsa e mi sentii un estraneo. Completai il giro, salutai tutti e me ne andai. Non era un decisione premeditata, l’aveva presa in quell’istante. Due anni dopo mi è tornata la voglia è ho ripreso a correre con la McLaren riconquistando un altro Mondiale. In quel momento era giusto fare così, guidare una F1 può essere divertente per chi guarda. Ma è un rischio se lo fai senza la massima concentrazione.
Sono per l'improvvisazione
Non ho mai fatto programmi di vita, se non a breve. Le mie decisioni sono sempre state prese al momento. È un modo per sentirmi libero e ritagliarmi un grande spazio mentale. Mi fanno paura quelli che già sanno che cosa faranno il 22 settembre. Io sono per l’improvvisazione, per la massima flessibilità.
Tre volte campione del mondo
Niki Lauda si è laureato tre volte campione del mondo di Formula 1, nel 1975 e 1977 con la Ferrari, nel 1984 con la McLaren; era in netto vantaggio anche nel campionato 1976, ma l’incidente e il forzato riposo alla fine favorirono, di un solo punto, lo storico rivale James Hunt.
Rivalità storiche
L’avversario più temibile per Lauda ai tempi della Ferrari fu proprio il pilota inglese James Hunt, che si laureò campione del mondo nel 1976 alla guida della McLaren.
A loro e alla loro amicizia-rivalità è ispirato il film Rush, con Chris Hemsworth e Daniel Brühl.
L'incidente e il recupero miracoloso
Dopo l’incidente del 1° agosto, Lauda fu trasportato in ospedale e dichiarato fuori pericolo solo il 5.
Sorprendendo tutti, si ripresentò in pista ad appena 42 giorni di distanza dallo schianto terribile, al Gran Premio d’Italia, cui partecipò con un casco modificato apposta per lui, in cui era stata tolta parte dell’imbottitura, per limitare le perdite di sangue dovute allo sfregamento sulle ferite del volto non ancora rimarginate.
Nonostante queste, e nonostante dopo l’incidente le palpebre non gli offrissero una visione totalmente corretta, Lauda si piazzò al quarto posto.
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