La prigione come via di fuga dalla solitudine e dalla povertà. È la via intrapresa da molti anziani, soprattutto donne, negli ultimi anni in Giappone. Commettono piccoli furti per essere arrestate e condotti in cella, dove hanno un pasto assicurato e un tetto sopra la testa.
Sono per lo più le donne ad adottare questo strano e inedito stratagemma. Vedove, con i figli lontani e senza alcun aiuto, o in situazioni precarie, trovano rifugio dietro le sbarre dove la vita sembra più semplice.
Il Giappone è la nazione con il più alto numero di anziani al mondo: il 28 per cento della popolazione ha più di 65 anni e quasi una donna su cinque nelle carceri è anziana. La tradizione vorrebbe che fosse la famiglia a prendersi cura dei più vecchi, ma ormai non è più così. Molti vengono lasciati senza alcun sostegno.
Secondo un sondaggio condotto dal governo giapponese lo scorso anno ha rilevato che più della metà degli anziani che sono in carcere vivevano da soli e il 40 per cento di loro non aveva famiglia o parlava raramente con i parenti.
“Possono avere una casa. Possono avere una famiglia. Ma questo non significa che abbiano un posto in cui si sentono a casa” ha detto Yumi Maranaka, direttrice del carcere femminile di Iwakuni.
Il governo non è ancora riuscito a mettere a punto un programma per aiutare queste persone e, nel frattempo, stanno aumentando vertiginosamente i costi per mantenerli in galera. Nel 2015, infatti, solo per le cure mediche le spese sono aumentate dell’80 per cento rispetto al 2005. Senza contare che le guardie devono far fronte ai bisogni degli anziani senza avere alcuna preparazione in merito.
“Per me la prigione è come un paradiso. Solo in carcere trovo relax e conforto” ha raccontato a Bloomberg una donna anziana che aveva rubato del cibo.
Shiho Fukada è una giovane fotografa giapponese, originaria di Tokyo. Ha realizzato un reportage sulle donne anziane in prigione, che è stato pubblicato per Bloomberg con il sostegno del Pulitzer Center on Crisis Reporting e la International Women’s Media Foundation. Nella gallery potete vedere alcune delle sue toccanti foto.
Meglio la prigione della solitudine
F., 89 anni. Ha rubato fragole, medicine e riso, è stata condannata a un anno e mezzo di prigione. Ha una figlia e un nipote, con i quali conviveva e doveva far fronte a un genero violento.
Meglio la prigione della solitudine
A., 67 anni. Ha rubato dei vestiti, è stata condannata a due anni e tre mesi di detenzione. Ha un marito, due figli e tre nipoti.
Meglio la prigione della solitudine
T., 80 anni. Ha rubato uova di merluzzo, semi e una padella, è stata condannata a due anni e mezzo di galera. Ha un marito e due figli, un maschio e una femmina. Dopo un incidente in fabbrica il marito è stato costretto a letto, invalido: soffre inoltre di demenza. Per lei era difficile assisterlo, a causa dell’età.
Meglio la prigione della solitudine
N., 80 anni. Ha rubato un libro, crocchette e un ventaglio, è stata condannata a tre anni e due mesi di reclusione. Ha un marito, due figli e sei nipoti. Era sempre sola, il marito le lasciava molti soldi ma non era mai presente. La prima volta che ha rubato è stata interrogata da un poliziotto gentile che ha ascoltato la sua storia: per la prima volta si è sentita considerata.
Meglio la prigione della solitudine
K., 74 anni. Ha rubato coca cola e succo di frutta. Ha due figli, un maschio e una femmina. I soldi che aveva non le bastavano per vivere.
Meglio la prigione della solitudine
O., 78 anni. Ha rubato bibite, tè, caffè, una palla di riso e un mango, è stata condannata a un anno e cinque mesi di detenzione. Ha una figlia e un nipote. Sua figlia la va a trovare una volta al mese e le dice che la sua è una scelta patetica.
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