Spesso pensiamo che i pensieri suicidi tocchino solo gli adulti, che solo loro possono portarsi dentro pesi o angosce tanto grandi da non poter più essere sopportate, soprattutto quando si diventa prede della depressione e non si riesce a trovare una via d’uscita una fuga o una scappatoia.
Lo pensiamo perché partiamo dal presupposto – e perché così dovrebbe essere – che i bambini siano “immuni” al dolore e allo sconforto, che vivano in uno stato perenne di gioia e felicità dovuto all’ingenuità della loro età e all’inconsapevolezza di quelli che possono essere i problemi e le preoccupazioni.
Ma ci sbagliamo, e la storia di Jared è un chiaro esempio di quanto, spesso, anche nei bambini si nascondano paure, debolezze e afflizioni talmente grandi da sopraffarli, e da far pensare loro che l’unica strada possibile da percorrere sia quella che porta a far finire la propria vita.
Jared ha tentato il suicidio ad appena dieci anni, dopo la morte del nonno; il dolore per la perdita di una persona tanto importante, mai metabolizzato, e di cui non era mai stato in grado di parlare con nessuno, neppure con la mamma, alla fine ha prevalso sul suo animo fragile, minato dallo smarrimento di una figura che, evidentemente, per lui rappresentava moltissimo, e così il bambino, un pomeriggio, ha deciso di impiccarsi.
Si è salvato in un modo che i medici definiscono quasi “miracoloso” e inspiegabile, e oggi, assieme alla mamma, Amber Traxler, ha deciso di raccontare la sua storia sulla pagina Love What Matters.
Amber si incolpa per non aver saputo leggere i segnali di un figlio sofferente e che si è sentito improvvisamente perso, e invita i genitori a prestare attenzione anche ai più piccoli segnali che possono giungere dai propri ragazzi, qualsiasi cambiamento d’umore repentino, differenza di comportamento o stranezza anche minima, mentre Jared lancia un messaggio soprattutto ai suoi coetanei: un messaggio che parla, finalmente, di speranza e di voglia di vivere, che invita tutti a considerare la vita bella e degna di essere vissuta, anche e soprattutto parlando con gli altri dei propri problemi, di qualunque natura essi siano.
Oggi Jared ha imparato che la vita deve andare avanti anche per le altre persone che lo amano, e che questo non toglie nulla alla figura del nonno che lui ha tanto amato e ancora ama. Abbiamo raccontato la sua storia e ripercorso i terribili momenti in cui ha tentato di uccidersi nella nostra gallery.
Ha tentato il suicidio dopo la morte del nonno
Nel giugno del 2016, mio figlio ha cercato di porre fine alla sua vita a 10 anni. Stava attraversando un momento difficile, il suo nonno era mancato un anno prima. Quando fu trovato, non aveva polso né battito cardiaco. È stato portato in ospedale in elisoccorso e ha trascorso quasi una settimana con supporto vitale, senza mostrare alcun segno di attività o di miglioramenti del cervello.
Mai, in un milione di anni, avrei pensato che il suicidio incrociasse la vita di mio figlio
Mai in un milione di anni avrei pensato che il suicidio avrebbe incrociato la mente di mio figlio. È sempre stato un bambino felice, pieno di vita e amore. Dopo che il suo nonno è morto, è diventato più arrabbiato, irascibile ed è peggiorato rapidamente. Ma pensavo che non fosse nulla di insolito. Pensavo che stesse attraversando una fase come tutti i preadolescenti, normale per la maggior parte dei ragazzi della sua età. Ha detto che andava tutto bene.
Non dimenticherò mai il suo volto in quel momento
Il giorno dopo, mia sorella, mia madre e io parlavamo mentre i nostri bambini giocavano. Avevo in programma, la notte seguente, di fare un falò e fare i marshmallow. Jared si comportava come se fosse un po’ agitato, come se qualcosa lo disturbasse, ma è entrato nella stanza degli ospiti. C’era sempre gelato in un congelatore lì dentro, quindi ho pensato che volesse prenderlo senza farsi vedere. Mangiava sempre quando era arrabbiato. Ma la luce del portico illuminava quella stanza e mia madre si è voltata da quella parte. Ha chiesto se l’avrebbe spenta. È andata ad aprire la porta della camera degli ospiti per capire perché la stava ignorando. Non era da lui ignorarla. La porta era chiusa a chiave, e dovevo correre a prenderla…
Non dimenticherò mai il modo in cui ha urlato. Il mio cuore è balzato in gola e ho capito all’istante che qualcosa non andava. Mio figlio si era impiccato, e il suo viso in quel momento rimarrà impresso per sempre nella mia mente. Era viola scuro, nero, con il sangue intorno alle labbra. Era inginocchiato in avanti. Il mio bambino è morto!
Non ho capito i suoi segnali di avvertimento
All’epoca ero incinta di circa 30 settimane della mia seconda figlia, quindi non c’era molto che potessi fare se non chiedere aiuto, mentre mia madre e mia sorella lo posavano a terra. Ho passato quasi 10 minuti a urlare per le strade chiedendo aiuto, ‘Il mio bambino è morto!’ Ero in stato di shock! Tornai nella stanza e vidi che mia madre lo aveva fatto respirare di nuovo, ma stava lottando. Dopo essere stato portato velocemente all’ospedale pediatrico più vicino, i dottori ci portarono in una stanza privata e ci prepararono per quello che c’era dietro le porte chiuse. Era agganciato a così tante macchine e collegato al supporto vitale. L’ho quasi perso. Volevo solo tenere stretto il mio bambino e mi sentivo come se avessi fallito. Come madre, avrei dovuto vedere questi segnali di avvertimento, avrei dovuto saperlo, ma non l’ho fatto!
Mi aspettavo il peggio, ma le mie preghiere sono state esaudite
Mi aspettavo il peggio. La sua temperatura non si regolarizzava, calava e cercavano di riscaldarlo. Poi è arrivata la febbre e loro hanno dovuto mettergli una coperta rinfrescante. Aveva i brividi e questo mi spezzava il cuore. Volevo solo salire sul suo letto e riscaldarlo. Ma non potevo. Hanno dovuto metterlo in coma indotto in modo che il suo corpo si rilassasse e guarisse. Le cose peggiorarono per lui prima di migliorare. Il suo polmone è collassato, e i medici hanno detto che sarebbero potute passare da un paio di settimane a un mese prima che iniziasse a mostrare eventuali miglioramenti, se mai ci fossero stati. Passavo letteralmente ogni secondo seduta su una sedia proprio accanto a lui, e me ne andavo solo per mangiare un boccone e fare una doccia. Fissavo il mio prezioso ragazzo con la faccia lentigginosa mentre gli accarezzavo i capelli. Gli ho detto se poteva sentirmi, che doveva sapere che ero lì con lui e che non me ne stavo andando da nessuna parte, che lo amavo così tanto e che avevo bisogno di lui per farcela.
Non riesco a spiegare i sentimenti che mi hanno sopraffatto quando si è svegliato. Dio aveva ascoltato le mie grida e tutte le preghiere. Questo è senza dubbio un intervento divino. Lui è un vero combattente. Ha combattuto per sopravvivere. Aveva dei segni di graffi sulla parte posteriore del collo, nei punti in cui aveva tentato di togliersi la corda, ma alla fine era svenuto e aveva smesso di respirare.
Dio non solo mi ha benedetto con mio figlio una volta, ma due volte. Sono molto grata al mio bambino per essersi tirato fuori da tutto questo, perché senza di lui sarei persa.
Jared parla così del suo tentativo di suicidio
Il suicidio non ha stagioni, la consapevolezza dovrebbe esserci ogni giorno! Rompere il silenzio. Ciao, sono Jared, e questa è la mia storia.
Tre anni fa, sono entrato nella stanza del mio nonno per chiedergli di prendere in prestito una canna da pesca. Ho camminato fino al suo letto per svegliarlo, solo per trovarlo morto. Avevo 9 anni. Non ho mai parlato con nessuno di come mi sentissi, dicevo solo che mi mancava, ma non come mi sentivo profondamente dentro. Depresso. Un anno dopo, pochi giorni dopo l’anniversario della scomparsa, ho preso una decisione definitiva mosso da un’emozione temporanea. Ho tentato il suicidio. La mia mamma mi ha trovato e ha urlato aiuto. Non avevo il polso. La mia nonna ha lavorato su di me, mentre mia mamma ha segnalato a qualcuno di chiamare il 911.
Ci sono voluti 30 minuti prima che arrivasse l’aiuto. Hanno dovuto trasportarmi in elisoccorso. Mi hanno messo in supporto vitale, e una settimana dopo, hanno praticamente detto: ‘È così. È cerebralmente morto’. Dissero che se mai mi fossi svegliato, la mia qualità della vita sarebbe stata scarsa. Alcuni minuti dopo quella conversazione con la mia famiglia, mi sono svegliato. I giorni successivi sono stati sfocati e ho dovuto imparare di nuovo le cose, come camminare e nutrirmi. I dottori dissero che, da un punto di vista medico, non avrei dovuto essere qui. Non possono spiegarlo. Dicono che nessuno sopravvive a quello a cui io sono sopravvissuto, nessuno vive per parlarne.
Ringrazio Dio ogni giorno per avermi trovato abbastanza degno di riportarmi indietro e di non decidere che fosse il mio momento di andare. Sono qui per fartelo sapere, sei degno! Non importa quanto grande o piccolo sia il peso che ti porti dentro, parlane con qualcuno. Non lasciare vincere la depressione, ci sono e ci saranno giorni migliori. Trova qualcosa che ti piace fare quando ti senti triste. Io vado a pescare, poi penso a tutto il bene e a quanto sono benedetto.
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