Colta, intelligente, giovane e in una posizione privilegiata, Noor Inayat Khan rinunciò a tutto per servire un Paese che lei criticava ferocemente. Indiana e musulmana, era contraria all’imperialismo britannico, ma scelse comunque di diventare un agente segreto al servizio del Regno Unito. Catturata, dopo tante prove di grande coraggio, venne giustiziata dalla Gestapo.
Ora più che mai è importante ricordare la storia di questa principessa guerriera, che lottò per salvare un Paese che non era nemmeno il suo. Cresciuta tra Parigi e Londra, era guidata dal suo rifiuto del nazismo e del fascismo, che combatteva con la non violenza. Come racconta un articolo della BBC, la sua ultima parola di fronte al plotone d’esecuzione fu semplicemente Liberté.
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La famiglia di Noor Inayat Khan
Noor Inayat Khan nacque a Mosca il 1° gennaio 1914, maggiore di quattro fratelli: Vilayat, Hidayat e una sorellina, Khair-un-Nisa. Apparteneva a una famiglia cosmopolita e colta, che viveva in un contesto agiato e ricco di stimoli culturali.
Il padre di Noor Inayat Khan
Il padre di Noor, Hazrat Inayat Khan, era un importante musicista, oltre che filosofo musulmano sufi, fondatore del Sufi internazionale, un movimento religioso pacifista ed ecumenico.
Noor Inayat Khan con la madre
La madre di Noor, l’ereditiera americana Ora Ray Baker, aveva conosciuto suo padre a San Francisco nel 1912, durante un ciclo di conferenze sulle discipline orientali. Per sposare Khan, era andata contro il volere dei genitori e si era convertita al sufismo, cambiando il nome in Pirani Ameena Begum.
Noor Inayat Khan, musicista e scrittrice
In seguito alla morte improvvisa del padre, Noor andò a studiare in Francia, dove si diplomò in pianoforte, arpa e composizione al Conservatorio di Parigi, per poi laurearsi in Psicologia infantile alla Sorbona. Si manteneva curando programmi radiofonici, scrivendo canzoni e libri.
Noor Inayat Khan decide di arruolarsi
Allo scoppio della guerra del 1940, Noor tornò nel Regno Unito e decise di arruolarsi insieme al fratello Vilayat. Pur essendo pacifista e fortemente contraria alle politiche imperialiste britanniche, non sopportava l’ascesa delle dittature nella sua Europa, che lei amava profondamente.
Noor Inayat Khan in divisa
Inizialmente al servizio come semplice ausiliaria della RAF, grazie alla sua conoscenza del francese nel 1943 venne inviata a Parigi per lavorare come agente segreto.
La radio di Noor Inayat Khan
Noor Inayat Khan era ufficialmente la prima operatrice radio donna inviata in Francia, anche se il suo trasferimento era avvenuto in totale segretezza, durante la notte. Il suo compito consisteva nel cercare informazioni segrete, da trasmettere da Parigi a Londra via radio. Era un’attività rischiosa, perché i nazisti controllavano tutta Parigi e possedevano attrezzature in grado di localizzare le trasmittenti.
Il passaporto di Noor Inayat Khan
Il gruppo a cui si unì, con il nome in codice Madeleine, era guidato dal maggiore inglese Francis Suttil, che guidava anche altre due giovani donne, aiutato dall’agente francese Henri Dérincourt. Fu proprio quest’ultimo, molto probabilmente, a tradirla. Dopo poche settimane, la Gestapo tappezzò Parigi dei manifesti che raffiguravano Noor. Lei riuscì più volte a sfuggire, ma nell’ottobre del 1943 venne fermata.
Nel lager di Dachau
Fu interrogata, torturata e nonostante ciò tentò ancora di fuggire più volte. Alla fine venne immobilizzata con delle catene e messa in cella. L’11 settembre del 1944 la trasportarono al lager di Dachau, insieme ad altre donne, e lì fu sottoposta a violenze per quasi due giorni. La mattina del 13 settembre venne uccisa da un plotone e il suo corpo bruciato. Alla fine della guerra, le furono attribuiti la Croce di guerra in Francia, il titolo dell’Ordine dell’Impero britannico, la Menzione militare e la Croce di san Giorgio in Inghilterra, una delle più alte riconoscenze britanniche.
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