Paola Egonu sarà la portabandiera olimpica alla cerimonia inaugurale di Tokyo 2020
Paola Egonu sfilerà con la bandiera olimpica ai Giochi di Tokyo 2020 che si apriranno venerdì. "Emozionata e felice" dice la pallavolista padovana.
Paola Egonu sfilerà con la bandiera olimpica ai Giochi di Tokyo 2020 che si apriranno venerdì. "Emozionata e felice" dice la pallavolista padovana.
Paola Egonu porterà la bandiera olimpica ai Giochi di Tokyo, il cui inizio è previsto tra tre giorni. La pallavolista padovana, indicata come una delle giocatrici più forti del mondo, è stata scelta, su indicazione del Coni, assieme ad altri atleti per portare il vessillo a cinque cerchi nella serata inaugurale, allo Stadio Olimpico.
È stato il Presidente del Coni, Giovanni Malagò, a informare la giovane azzurra, vice campionessa del mondo, che ha risposto così:
Sono molto onorata per l’incarico che mi è stato dato a far parte del CIO per portare la bandiera olimpica. Sono emozionata, perché mi ritrovo a rappresentare gli atleti di tutto il mondo ed è una grossa responsabilità: attraverso me esprimerò e sfilerò per ogni atleta di questo pianeta.
Paola Egonu portabandiera olimpica!
La pallavolista #ItaliaTeam sfilerà con la bandiera a cinque cerchi nella cerimonia di apertura di #Tokyo2020! ☺️#StuporMundi | @Federvolley pic.twitter.com/NqfEykAAaL— ItaliaTeam (@ItaliaTeam_it) July 20, 2021
Sono tornata in albergo e ho chiamato la mia fidanzata. Piangevo e lei mi ha consolata, mi ha detto che le sconfitte fanno male, ma sono lezioni che vanno imparate. E che ci avrei sofferto, però, poi, sarei stata meglio.
Paola Egonu ha solo 19 anni e da poco è vice-campionessa del mondo con la Nazionale italiana di pallavolo ai mondiali giapponesi. E ha raccontato così, in un’intervista per il Corriere della Sera, quello che ha fatto subito dopo aver ingoiato l’amara sconfitta in finale contro la Serbia.
Con naturalezza, leggerezza, senza proclami, come dovrebbe essere sempre l’amore.
Non si sa perché agli omosessuali sia sempre richiesto di dichiarare i sentimenti, perché, per sentirsi liberi di amare “alla luce del sole”, debbano fare quel famoso coming-out che agli etero, invece, non è mai richiesto. E perché gli altri, in un certo qual modo, ne siano morbosamente affascinati, e rimangano impressionati quando un personaggio pubblico si dichiara gay. Recentemente è successo a Marco Carta, che ospite della trasmissione di Barbara D’Urso ha “confessato” di essere innamorato e di avere un compagno, e di essersi sentito davvero libero solo dopo averlo ammesso.
Ma perché? Perché ci si sente in diritto di essere felici e innamorati solo se prima lo si è dichiarato al pubblico? Come se si chiedesse il permesso, come se “certe cose” dovessero essere annunciate?
Per una persona etero, lo dicevamo, non è mai così: se è single o fidanzata, non fa differenza per nessuno, se non, nel caso dei personaggi famosi, ad alimentare certe riviste di gossip. Non deve andare nelle trasmissioni televisive o sui giornali per far sapere di avere un partner, perché questo è considerato “naturale”.
Gli omosessuali no, invece: a loro è sempre richiesto lo scomodo pegno di far sapere a tutti con chi vanno a letto, così che gli altri possano parlarne e, nel caso, accettarlo o giudicare.
Per questo la lezione della giovanissima Paola Egonu è di un’importanza fondamentale: nella sua semplicità, la giocatrice ha parlato di ciò che la fa stare bene, la persona che ama. E lo ha fatto senza bisogno di proclami che anticipassero la cosa, senza premesse inutili, solo per rispondere alle aspettative degli altri. Senza nessun bisogno di presentarsi in video dicendo “Ciao, sono Paola e sono gay”.
Nessuno dovrebbe essere costretto a questo; tutti dovrebbero poter parlare liberamente del proprio amore, etero od omosessuale che sia. Senza pensare che la libertà, di amare anche, sia un premio che si raggiunge solo dopo aver dato la propria vita privata in pasto agli altri.
Paola Egonu ha una fidanzata, come centinaia di altre ragazze hanno un fidanzato. E non cambia nulla. Se non devono dichiararlo loro, perché dovrebbe farlo lei?
Quindi viva Paola, che, come nella pallavolo, affronta la vita con il sorriso e la grinta di chi, sotto un aspetto che spesso può risultare scontroso – lo dice lei stessa nell’intervista, i cui passi salienti abbiamo riportato in gallery – nasconde solo un carattere determinato che non accetta di farsi piegare. Dalle avversarie, o dai pregiudizi.
Viva Paola che ha parlato con leggerezza della sua compagna che le ha permesso di riprendersi dalla delusione per il Mondiale sfumato, del razzismo che la sfiora senza mai davvero toccarla nel profondo, dell’amore. Ha 19 anni, ma ha dimostrato di essere più forte di tanti altri. Sicuramente, di tutti quelli che oggi, dopo aver letto le sue parole, discuteranno della sua omosessualità e ne faranno un argomento di rilievo.
“Sono tornata in albergo e ho chiamato la mia fidanzata. Piangevo e lei mi ha consolata, mi ha detto che le sconfitte fanno male, ma sono lezioni che vanno imparate. E che ci avrei sofferto, però, poi, sarei stata meglio”. Paola Egonu ha risposto così alla domanda di Candida Morvillo che l’ha intervista per il Corriere della Sera, e che le ha chiesto cosa avesse fatto dopo la finale persa contro la Serbia ai Mondiali di pallavolo.
Paola si infastidisce quando viene sottolineato che i genitori vengono dalla Nigeria, che il nonno è rimasto giù,e che Matteo Salvini ha dedicato la vittoria a tutti, “bianchi o neri che siano”. Non vuol sentire parlare di multietnicità.
Mi stupisce questa reazione. Siamo italiane. Per me, avere origini diverse è normale.
Sul razzismo, Paola dice di averne subiti in prima persona, “È normale, ma non dovrebbe esserlo”, e che la diversità è percepita solo dagli adulti.
Il bimbo non s’accorge del colore che ha finché, a scuola, una maestra dice che è nero o giallo.
Finivo i compiti presto, mi mettevo sul divano. Papà disse: prova uno sport. Ho visto che la pallavolo mi divertiva, ne ho fatto un’opportunità.
Così Paola spiega come ha cominciato a giocare a pallavolo. Una carriera cominciata molto presto, in cui il sacrificio più grande è stato
Lasciare casa. Avevo 13 anni. Lasciavo mamma, papà, fratello, sorella, le amiche, le sicurezze, tutto.
Soprannominate “le ragazze terribili”, il team delle azzurre ha fatto innamorare tutta l’Italia, non solo i cultori della pallavolo. Paola, invece, dice che di “terribile” ha l’aspetto.
Mi sento terribile nell’impatto, che può sembrare molto scontroso. Dopo, quando riesco ad aprirmi, non sono così terribile.
La delusione per la finale mondiale sfumata al tie-break è stata tanta, ma Paola è comunque orgogliosa del percorso fatto con le compagne di Nazionale. Il loro segreto, spiega, è stato
Crederci. Dopo il primo allenamento, io che avevo tantissime aspettative non vedevo quello che volevo. Poi, ci abbiamo creduto e siamo cresciute.
Paola è giovane ma ha già le idee molto chiare. E pensa che per riuscire e dare il massimo si debba contare su quello che
… Viene da dentro. È come quando smetti di fare una cosa per stupire qualcuno, ma la fai per te e, allora, diventi tutt’uno con quello che fai.
Se le si chiede cosa sia l’amore, Paola dice:
Non lo so. Lo sto scoprendo ora, forse. Penso che l’amore sia in tutto. La telefonata di un amico, le compagne di squadra che si interessano a te e tu a loro. Nasciamo con l’amore, perché nasciamo con nostra madre che ci riempie di baci e ci coccola e vorrebbe che fossimo protetti per tutta la vita. Solo che non sempre è così. Adesso però, almeno per ora, lo è.
Paola non ha avuto bisogno di fare coming out. Ha parlato della sua fidanzata in maniera molto naturale, con leggerezza, come dovrebbe essere per tutti.
D’altra parte, con il suo carattere forte e determinato Paola dichiara di non essere interessata all’opinione degli altri, ecco perché non ha rimpianti, ha spiegato nell’intervista.
Elogiata dal presidente della Repubblica come esempio da prendere in considerazione, Paola ha spiegato perché la Nazionale di volley dovrebbe essere presa a ispirazione.
Nella voglia di far bene anche in situazioni scomode e sempre mantenendo il rispetto degli altri.
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