Per troppo tempo si è vissuta la disabilità come un limite insormontabile che divide in maniera netta e chiara le persone cosiddette normodotate da quelle che hanno handicap fisici o mentali; e ci piacerebbe tanto raccontarvi che oggi tutti questi banali cliché sono decaduti e che il mondo non si accorge più della differenza tra una persona che cammina sulle sue gambe e una che va a spasso su una sedia a rotelle, ma purtroppo sappiamo tutti che ciò non corrisponderebbe a verità.
L’inclusività sostanziale, sotto il profilo lavorativo, sociale, culturale, e perché no, anche sessuale, per molti disabili in realtà è ancora una chimera, un’utopia che rimane tutt’al più relegata a “speranza” di un qualcosa che, forse, in un futuro, potrebbe realizzarsi. Perché ancora troppo spesso i disabili sono visti come persone che, in virtù dei loro bisogni speciali, non hanno diritto né possibilità di vivere una vita autosufficiente e piena sotto tutti i punti di vista, che non possono lavorare, persino che non hanno impulsi sessuali (cosa che rende, nel nostro Paese ad esempio, così difficile l’accettazione della figura dell’assistente sessuale).
Per i disabili è difficile persino viaggiare su un aereo, come la storia di Giulia Lamarca ci ha fatto capire benissimo, oppure addirittura muoversi per le strade cittadine, visto l’altissimo numero di barriere architettoniche ancora presenti.
Eppure, il disabile non è una persona che si piange addosso, ma semplicemente una che reclama i suoi diritti a vivere la vita più normale possibile, aspirando a cose semplici e normali, appunto, che non sono diverse da quelle di cui godiamo o cui tutti ambiamo: una casa, un lavoro, una famiglia, un modo per far sentire a questa vita di esserci.
Per questo abbiamo trovato il progetto di Mikael Theimer meraviglioso: lui, fotografo nato a Parigi ma emigrato a Montreal, in Canada, lavora regolarmente con organizzazioni no profit, e ha scelto di dare un tono sociale alla sua fotografia. Tra i suoi tanti scatti c’è un progetto, Corps et Ames, aux marge des arts de la scène, in cui ha immortalato persone con varie disabilità impegnate in moltissime forme d’arte, dal teatro al ballo.
Lui stesso ha spiegato il motivo che lo ha spinto a realizzare questo progetto a BoredPanda:
Nel corso di un anno, ho incontrato e fotografato il lavoro di compagnie e organizzazioni no profit dedicate alla realizzazione di arti dello spettacolo con protagoniste persone normodotate e disabili, a Montreal.
Ho incontrato ballerini professionisti che vivono con disabilità fisiche e attori professionisti che vivono con carenze intellettuali. Ho incontrato una band formata da uomini senza tetto e persone che usano il teatro per imparare di nuovo a comunicare dopo che un ictus li ha lasciati incapaci di parlare correttamente. Ho incontrato ballerini che usano la loro arte per costruire connessioni e portare gioia ai pazienti con Alzheimer. Ho incontrato un gruppo di percussionisti che vivono con disturbi dello spettro autistico o con la sindrome di Down. Ho incontrato giovani autistici molto bravi che imparano il balletto e fanno teatro. E la lista potrebbe continuare.
Questi artisti sfidano i confini delle arti dello spettacolo, ridefinendo i codici e l’estetica. E lo fanno ai margini del mondo delle arti perché abbiamo ancora difficoltà ad accettare la differenza come parte della norma.
Il progetto, prodotto in parte da Place des Arts, è stato reso possibile, ha detto Mikael, “solo grazie alle aziende, alle organizzazioni no profit e agli artisti che presenta“.
E noi abbiamo voluto raccogliere alcune delle immagini più significative in gallery, mentre il resto del progetto è disponibile sia sul sito ufficiale dell’artista che sulla sua pagina Instagram.
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