Il nostro consumo spropositato della plastica è un problema. Un problema che sta diventando un incubo per la sostenibilità dell’equilibrio tra il genere umano e il mondo che abita.
C’è plastica ovunque, perfino nel cibo. E non solo in quello che arriva dal mare. Il mare, che vorremmo pulito e limpido e che invece è diventato la più grande discarica di immondizia di plastica.
Otto milioni di tonnellate di plastica finiscono in mare ogni anno: è come se ogni minuto un camion della spazzatura riversasse tutto il suo contenuto in acqua. E si stima che se non ci sarà un segnale di stop, nel 2050 i camion potrebbero diventare quattro al minuto. E gli oceani potrebbero contenere più bottiglie che pesci.
Infatti i primi a subirne l’invasione sono proprio gli abitanti dei mari. Pesci, tartarughe e foche sono in grave pericolo. Macroplastiche e microplastiche i loro più grandi nemici. Che li braccano. Che li feriscono. Che li soffocano durante l’ingestione.
L’ingestione della plastica da parte di animali marini colpisce anche uccelli e umani che sono soliti mangiare cozze, pesce spada, spigola, tonno e granchi. E se i rischi del loro ingerimento non sono ancora conosciuti, dalle prime ricerche sembra che possano interferire con il sistema endocrino e con il sistema immunitario. Altre sostanze invece sono cancerogene.
Il numero di giugno del National Geographic mostra una busta di plastica che emerge come un iceberg. La parte visibile all’uomo, sopra la superficie, è di gran lunga più piccola rispetto al volume sottostante, e simboleggia il pericolo di inquinamento da plastica che, incontrollato, sta attanagliando il pianeta come riporta il magazine online Bored Panda. Nel titolo in basso a sinistra si legge:
18 Miliardi di Pounds (8.164.662,66 di Tonnellate) ogni anno finiscono nell’oceano. Ed è soltanto la punta dell’Iceberg
L’illustrazione in copertina è stata realizzata dall’artista messicano Jorge Gamboa, un’opera dal titolo Iceberg Plástico che ha già vinto il premio alla biennale d’arte della Bolivia nella categoria “poster Politici e Sociali”.
La copertina lancia non solo un appello a ogni abitante della terra perché riduca il proprio consumo di plastica, ma è il motivo per aggregare tutta una serie di articoli, fra cui l’interessantissimo “We Made Plastic. We Depend on It. Now We’re Drowning in It” (Abbiamo creato la plastica. Ne siamo diventati dipendenti. Adesso ci stiamo affogando dentro), che spiega come e perché si è arrivati a un tale massiccio utilizzo della plastica in ogni ambito delle attività umane.
Nella gallery in alto le sconvolgenti immagini della campagna “Planet or Plastic“: un’iniziativa pluriennale finalizzata alla riduzione di plastica monouso che sta inquinando gli oceani del nostro mondo.
Il pianeta di plastica: come stiamo uccidendo la nostra terra
Gamboa ha presentato l’opera, intitolata “Iceberg Plástico”, alla Biennale di manifesti della Bolivia nel 2017, dove ha vinto il primo premio nella categoria dei manifesti politici e sociali. Grazie alla copertina del National Geographic, ora l’opera è destinata a diventare iconica.
Il pianeta di plastica: come stiamo uccidendo la nostra terra
“Il fotografo ha liberato questa cicogna da una busta di plastica in una discarica in Spagna. Una busta può uccidere più di una volta: le carcasse si deteriorano, ma la plastica dura e può soffocare o intrappolare di nuovo”.
Il pianeta di plastica: come stiamo uccidendo la nostra terra
“Sotto un ponte su un ramo del fiume Buriganga, in Bangladesh, una famiglia rimuove le etichette dalle bottiglie di plastica, selezionando le bottiglie verdi da quelle chiare per venderle ad un commerciante di rottami. Lo stipendio dei raccoglitori di rifiuti si aggira intorno ai 100 dollari al mese”.
Il pianeta di plastica: come stiamo uccidendo la nostra terra
“Il più grande mercato per la plastica oggi è il materiale da imballaggio. Il materiale da imballaggio rappresenta quasi la metà di tutti i rifiuti di plastica generati a livello globale, la maggior parte non viene mai riciclata o incenerita”.
Il pianeta di plastica: come stiamo uccidendo la nostra terra
“Le bottiglie di plastica soffocano la fontana di Cibeles, fuori dal municipio nel centro di Madrid. Un collettivo artistico chiamato Luzinterruptus ha riempito questa e altre due fontane di Madrid con 60.000 bottiglie scartate lo scorso autunno. Un modo per richiamare l’attenzione sull’impatto ambientale delle plastiche usa e getta “
Il pianeta di plastica: come stiamo uccidendo la nostra terra
“Una vecchia rete da pesca in plastica attacca ad una tartaruga marina nel Mediterraneo al largo della Spagna. La tartaruga poteva allungare il collo sopra l’acqua per respirare ma sarebbe morta se il fotografo non l’avesse liberata”.
Il pianeta di plastica: come stiamo uccidendo la nostra terra
“Ad Okinawa, in Giappone, un granchio eremita ricorre a un tappo di plastica per proteggere il suo addome morbido. I bagnanti raccolgono i gusci normalmente utilizzati dai granchi e lasciano la loro spazzatura”.
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“Per cavalcare le correnti, i cavallucci marini si muovono alla deriva su detriti naturali. Nelle acque inquinate al largo dell’isola indonesiana di Sumbawa, questo cavalluccio marino si è attaccato ad un cotton fioc di plastica- “una foto che vorrei non esistesse”, afferma il fotografo Justin Hofman”.
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“In tutto il mondo, quasi un milione di bottiglie in plastica vengono vendute ogni minuto”.
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“Alcuni animali attualmente vivono in un mondo di plastica, come queste iene che si lavano in una discarica di Harar, in Etiopia. Tengono d’occhio i camion della spazzatura e trovano gran parte del loro cibo nella spazzatura”.
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“Finora sono state segnalate circa 700 specie di animali marini che potrebbero impigliarsi nella plastica”.
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Tartarughe e pesci che nuotano in mezzo ai rifiuti di plastica.
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“Entro il 2050, quasi tutte le specie di uccelli marini del pianeta consumeranno plastica”.
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“Dal 2015, sono stati generati oltre 6,9 miliardi di tonnellate di rifiuti di plastica. Circa il 9% è stato riciclato, il 12% è stato incenerito e il 79% si è accumulato nelle discariche o nell’ambiente”.
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“Subito dopo l’alba a Kalyan, nella periferia di Mumbai, in India, i raccoglitori di rifiuti alla ricerca di materie plastiche iniziano il loro giro quotidiano all’interno della discarica. In lontananza, camion della spazzatura che arrivano dalla megalopoli. La donna che porta il panno rosso vive all’interno della discarica”.
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“Dopo che i rifiuti di plastica trasparente sono state lavati nel fiume Buriganga, a Dhaka, in Bangladesh, Noorjahan le ha sparpagliate ad asciugare, rigirandole regolarmente. La plastica sarà, infine, venduta ad un riciclatore. Meno di un quinto di tutta la plastica viene riciclata a livello globale”.
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“Chip colorati di plastica raccolti, lavati e ordinati a mano sulle rive del Buriganga. Circa 120.000 persone lavorano nel settore del riciclaggio a Dhaka e nei suoi dintorni, dove 18 milioni di abitanti generano circa 11.000 tonnellate di rifiuti al giorno”.
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“Il più grande impianto di riciclaggio di San Francisco gestisce da 500 a 600 tonnellate al giorno. Uno dei pochi stabilimenti negli Stati Uniti che accettano borse della spesa. Negli ultimi 20 anni ha più che raddoppiato il tonnellaggio che ricicla”.
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“Camion pieni di bottiglie di plastica entrano in un impianto di riciclaggio a Valenzuela, nelle Filippine. Le bottiglie sono state strappate dalle strade di Manila da raccoglitori di rifiuti, che li vendono ai commercianti di rottami. Le bottiglie e i tappi di plastica saranno triturati, venduti alla catena di riciclaggio ed esportati”.
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Raccoglitori di rifiuti al lavoro.
Il pianeta di plastica: come stiamo uccidendo la nostra terra
La Cina è il più grande produttore di plastica: rappresenta oltre un quarto del totale mondiale, gran parte del quale è esportato nel mondo.
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La Cina è il più grande produttore di plastica: rappresenta oltre un quarto del totale mondiale, gran parte del quale è esportato nel mondo.
Il pianeta di plastica: come stiamo uccidendo la nostra terra
L’evoluzione dell’impiego della plastica nelle attività umane (448 milioni di tonnellate nel 2015, di cui 8 milioni finite in mare), con il picco raggiunto nel 2015, anno dell’ultimo rilevamento.
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