Le migrazioni rappresentano un argomento all’ordine del giorno ultimamente. Ma non sono una novità. Da sempre l’uomo ha viaggiato, trasferendosi in differenti luoghi alla bisogna. Il popolo che ne sa più di tutti in merito è forse quello ebraico, che in seguito alla diaspora conseguente alla distruzione di Gerusalemme ha pagato caro il prezzo del proprio vagare per il mondo. E gli immigrati italiani in diverse nazioni come venivano trattati? Se la strage di Marcinelle ci ha insegnato qualcosa è che negli anni tra l’800 e il ‘900, le migrazioni dall’Italia furono tante e che i migranti venivano visti come forza lavoro e non come esseri umani. Marcinelle però è in Europa, mentre molti hanno seguito il sogno di libertà verso gli Stati Uniti. Ma una volta vista la Statua della Libertà, per quei fortunati che riuscirono a sopravvivere alla traversata, quel sogno si trasformò in incubo.
Appena arrivato – spiega Woody Allen per bocca del suo personaggio Boris Yelnikoff in Basta che funzioni – ogni gruppo etnico è stato accolto con violenza e ostilità. Ognuno di loro ha dovuto lottare con le unghie per entrare. La gente ha sempre odiato gli stranieri. È il sogno americano.
Le carrette del mare
I pericoli della traversata non erano pochi. Le navi che trasportavano i migranti, sebbene più resistenti e grandi di quelle che oggi trasportano i tanti disperati attraverso il Mediterraneo, non erano troppo diverse in termini di sicurezza. Sovraffollate, veicolo di malattie infettive e soprattutto troppo vecchie e senza manutenzione per affrontare un viaggio del genere. All’arrivo, come spiega Focus, i migranti venivano “accolti” a Ellis Island: qui venivano trattenuti per tre giorni in una cella, dove si effettuavano controlli sanitari e psico-attitudinali. Se non passavano questi controlli, i loro vestiti erano marchiati con una X e i migranti rimpatriati. Altrimenti, sulla carta di identità veniva riportato il colore della pelle, a volte con un punto interrogativo – per molto tempo infatti, gli italiani furono ritenuti dispregiativamente «negri», per via delle incursioni moresche in Sicilia.
Il presunto brano dell’ispettorato all’immigrazione Usa
Ogni tanto in Rete vi sarà capitato di leggere un brano attribuito all’Ispettorato per l’Immigrazione del Congresso degli Stati Uniti sugli immigrati italiani. Il brano viene datato in alcuni casi 1912, in altri 1919. Come si legge su Cicap però è complicatissimo, forse impossibile, risalire alla fonte: è probabile quindi che questo brano sia un falso, anche se verosimile per il modo in cui gli immigrati non solo italiani venivano trattati al tempo negli Stati Uniti. Ecco cosa c’è scritto – con alcune varianti secondo il report:
Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Molti puzzano perché tengono lo stesso vestito per settimane. Si costruiscono baracche nelle periferie. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano in 2 e cercano una stanza con uso cucina. Dopo pochi giorni diventano 4, 6, 10. Parlano lingue incomprensibili, forse dialetti. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina; spesso davanti alle chiese donne e uomini anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano sia perché poco attraenti e selvatici, sia perché è voce diffusa di stupri consumati quando le donne tornano dal lavoro. I governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, di attività criminali.
Gli immigrati compiono più stupri degli italiani? Cosa dicono i numeri
Dopo gli ultimi, tremendi fatti di cronaca, in molti se lo chiedono: gli immigrati compiono più stupri degli italiani? La realtà dei fatti, ovvia...
Come sono cambiate le cose
Le prime ondate di migranti italiani furono guardate con sospetto per via di un sentimento anticattolico, come spiega The Vision. Tanto che una parte degli immigrati si trasferì, immediatamente dopo la Guerra Civile Americana, negli stati del sud come la Louisiana, andando a sostituire gli afroamericani che si erano appena liberati dalla schiavitù e attendevano i famosi 40 acri e un mulo che nessuno avrebbe mai dato loro, sebbene promessi. Qui gli italiani si sostituirono agli afroamericani nell’immaginario collettivo.
Mentre negli stati del nord andarono ad affollare dei veri e propri ghetti – tali erano all’epoca le varie Little Italy di città – al sud fecero da capro espiatorio in alcuni casi di cronaca nera. E non solo al sud: la vicenda di Sacco e Vanzetti, due anarchici mandati sulla sedia elettrica nell’agosto 1927 per due omicidi che molto probabilmente non avevano mai commesso, è abbastanza esemplificativa per comprendere il clima dell’epoca.
Le cose però sono molto cambiate da allora. In mezzo c’è stata la Seconda Guerra Mondiale – con la concentrazione di odio verso i cittadini nipponici, visti come “nemici” – e poi la Guerra Fredda. L’Italia aderì al patto Nato e Pio XII si schierò apertamente contro i comunisti. Questo consentì agli italiani di essere visti in un’altra ottica. E se pensiamo che molti nostri connazionali o oriundi di seconda e terza generazione siano impegnati nel mondo dello spettacolo (Madonna, Quentin Tarantino, Leonardo DiCaprio, giusto per citarne alcuni), tantissimi italiani occupano oggi prestigiose posizioni di potere, soprattutto tra le file di conservatori e Repubblicani.
Forse il primo e il più noto fu Rudolph Giuliani, che fu sindaco di New York. L’ultimo in ordine di tempo è invece Mike Pompeo, già direttore della Cia oggi segretario di stato per Donald Trump e dalle forti posizioni conservatrici. A testimoniare che per qualcuno la memoria è corta e che quello che sta subendo oggi il popolo messicano (e non solo) un tempo toccò a quello italiano (e non solo).
I numeri della migrazione
Tgcom24 riporta che dal 1876 al 1915 14milioni di italiani migrarono verso altre terre, inizialmente in Europa e poi in America: Argentina in primis, poi anche Stati Uniti e Brasile. Furono più della metà totale dei migranti di quegli anni.
I migranti provengono per lo più dal Sud Italia: scappano dalla repressione che i Savoia esercitarono sui territori annessi a seguito dell’Unità.
Il Principessa Mafalda
Sempre Tgcom24 spiega come le navi che trasportavano i migranti attraverso l’Atlantico fossero chiamate «vascelli della morte». Malattie – come il colera – fame e asfissia erano le cause di morte più diffuse prima di giungere sul Nuovo Continente.
Il naufragio del Principessa Mafalda è però esemplificativo per comprendere i rischi di quella traversata. Si trattava di una nave datata 1908, che partì da Genova nell’ottobre 1927 – con a bordo oltre 1200 migranti in gran parte italiani – con alle spalle oltre un ventennio di usura oltre che di scarsa manutenzione.
Il Principessa Mafalda naufragò a 80 miglia dal Brasile, dopo 8 guasti prima di raggiungere Gibilterra e una forte inclinazione, cui si aggiunse alla fine lo sfilamento di un elica che squarciò lo scafo, imbarcando acqua. Neppure le richieste d’aiuto andarono a buon fine, così come il panico la fece da padrone durante le operazioni di salvataggio.
Si stima che siano morti più della metà dei passeggeri – annegati, suicidati, sbranati dagli squali – anche se i numeri reali non sono mai stati forniti.
Giuseppe Garibaldi
Forse non tutti sanno che Giuseppe Garibaldi emigrò negli Stati Uniti nel 1850. Focus racconta come a ospitarlo fu Antonio Meucci, inventore del telefono.
Esportare arte (e vino)
Nonostante il pregiudizio con cui furono accolti gli italiani negli States, essi portarono tra le altre cose eccellenza. I primi vigneti in California furono ovviamente italiani: tra essi quello di Raphaelo Petri a San Francisco. Anche l’autore del primo romanzo western A Texas Cowboy era italiano, si chiamava Charles Angelo Siringo.
I primi quartieri
Focus spiega come i primi quartieri di italiani presentavano edifici di molti piani con servizi in comune. I migranti si suddividevano in sottocomunità in base alla regione di appartenenza. La questione potrebbe essere legata anche a un fatto linguistico. Prima del secondo dopoguerra e dell’avvento della televisione, non si aveva consapevolezza dell’italiano, e il dialetto era considerato una lingua madre. A scuola, tra i bambini, l’italiano viene bandito: si può parlare solo in inglese.
Il primo politico
Si chiamava Fiorello LaGuardia e, come spiega Focus, era figlio di un musicista di Cerignola. Fu il primo deputato italo-americano e gli è stato intestato il secondo aeroporto di New York, città di cui fu anche sindaco.
Il primo fenomeno di massa
Tra i primi italo-americani famosi non si può non annoverare Rodolfo Valentino, attore del cinema muto nato a Castellaneta, in Puglia. Valentino giunse a New York nel 1913 e tornò in Italia per un breve viaggio dieci anni più tardi, quando era già famosissimo. La storia di quel viaggio viene raccontata nel film Rudy Valentino di Nico Cirasola, presentato nell’edizione 2018 del Festival del Cinema Europeo. Come riporta la Gazzetta del Mezzogiorno, in quella sede il regista commentò, a testimoniare che la storia può essere circolare:
Non c’è nessuna partenza senza il pensiero del ritorno, un po’ come capita a Ulisse. E credo che tra le persone che vengono in Italia sui barconi ci possa essere un potenziale Valentino.
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