Renato Zero: le 20 trasformazioni di un camaleonte cui dissero "tu sei zero"
La carriera di Renato Zero, l'artista più trasformista della musica italia: dagli inizi degli Anni Sessanta fino ai giorni nostri
La carriera di Renato Zero, l'artista più trasformista della musica italia: dagli inizi degli Anni Sessanta fino ai giorni nostri
Gli dicevano che non sarebbe andato da nessuna parte. Che non valeva nulla. Solo quando ha capito che la stravaganza lo avrebbe salvato, ha deciso di usarla a suo favore. Così, da Renato Fiacchini, si è trasformato in Renato Zero. Un nome d’arte nato per dileggiare e sfidare quelli che gli dicevano “sei uno zero”. Intervistato da Rolling Stone nel marzo 2018, ha spiegato come siano state proprio le critiche al suo modo di porsi sul palco e fuori a spingerlo a continuare.
Se la trasgressione non mi avesse creato problemi, stai tranquillo che non sarei qui. È quello che mi ha incaponito. È lì che sono diventato tignoso. ‘Ah, nun me volete proprio? Ah, ce l’avete proprio con le mie piume? E adesso ve faccio vedè io!’ E lì ho cominciato ad incazzarmi sul serio, in senso ovviamente artistico.
Nel 2020 Zero ha dato vita nientemeno che a una trilogia di album, chiamata ZeroSettanta, in onore dell’importante traguardo tagliato proprio in quest’anno, quello dei settant’anni appunto. L’ennesima prova di un artista immenso con oltre quarant’anni di carriera, che abbiamo riassunto – trasformazioni comprese – in gallery.
Renato Fiacchini, alias Renato Zero, nasce a Roma il 30 settembre 1950: suo papà è un poliziotto, mentre sua mamma un’infermiera. Trascorre la sua infanzia in via Ripetta, a due passi da piazza del Popolo, in una famiglia piena di figure femminili forti. Come raccontato a Rolling Stone, furono proprio i genitori a supportarlo.
Io ho avuto due genitori amabili, due pigmalioni. Sono stati i primi a credere in me. Ti puoi immaginare quando uno in casa è avvolto da questo abbraccio di solidarietà e di complicità. Meglio di così non mi poteva andare. Mio padre era un poliziotto, mia madre un’infermiera. Non navigavamo di certo nell’oro, né i miei genitori erano tanto borghesi da non accettarmi nella mia stravaganza.
A quattordici anni ottiene il suo primo contratto per 500 lire al giorno al Ciak di Roma, ma l’ingresso ufficiale nel mondo della musica avviene nel 1967 con un 45 giri prodotto da Gianni Boncompagni, anche autore dei testi con musiche di Jimmy Fontana.
Renato Zero comincia a frequentare il noto locale romano Piper, dove conosce Patty Pravo, Mia Martini, sua sorella Loredana Bertè e Renzo Arbore, che lo porta in televisione con sé. Si avvicina al teatro e al cinema, ottenendo piccoli ruoli in alcuni film di Federico Fellini.
Dopo tanta gavetta, alla fine degli Anni Sessanta debutta come Renato Zero e con il suo repertorio, firmando un contratto con la RCA alle sue condizioni. Si presenta come un personaggio dapprima trasgressivo, che negli anni si evolve continuamente.
Così Renato Zero ha parlato a Grazia delle sue ispirazioni:
Nel 1954 in casa nostra avevamo la tv e guardavo affascinato gli spettacoli di attori come Giancarlo Cobelli, Mario Scaccia, Paolo Poli. Ammiravo i cantautori Domenico Modugno, Giorgio Gaber, Enzo Jannacci. Lucio Dalla mi ha subito comunicato la sensazione di essere meno solo. Attraverso la loro contaminazione ho potuto costruire il mio percorso e la mia stravaganza ha smesso di isolarmi dagli altri. “Zero” è stata la mia fortuna.
La mia carriera è sempre stata una verifica con il pubblico, uno scambio che ha reso possibile la mia evoluzione. La gente mi riconosce la capacità di suscitare emozioni, sentimenti che riescono a riempire spazi vuoti, alleggerire i momenti di malinconia.
L’anno della consacrazione definitiva sarà il 1977, quando Zero pubblica il 45 giri Mi vendo/Morire qui con il quale entra in hit parade rimanendoci per cinquantasette settimane.
Il successo è immediato: i suoi fan, i sorcini, lo idolatrano. Fu proprio lui a coniare quel nome: nei primi Anni Ottanta si trovava a Viareggio quando, osservando i suoi ammiratori che lo attorniavano coi motorini, esclamò: “Sembrano tanti sorci”. Da quel momento è diventato il re dei sorcini.
Il 1978 è l’anno del Triangolo, uno dei suoi più grandi successi. Crea un’etichetta indipendente e pubblica Zerolandia, che contiene brani come Amaro Medley e Sbattiamoci.
Mia nonna Renata, che aveva i baffi – allora la ceretta era un sogno – mi dava lezioni sul rispetto, la complicità, la tolleranza e mi ha fatto entrare nel magico mondo della conoscenza degli anziani.
(dall’intervista a Grazia)
Ci sono stati degli episodi cruenti, è vero. Riguardo agli insulti mi chiedevo se avessi fatto qualcosa di sbagliato. Oggi mi rendo conto che quelle persone erano in grande imbarazzo nei miei confronti, ma io riuscivo a tranquillizzarle a tal punto che poi c’era sempre qualcuno che mi voleva offrire un caffè: finivano per scusarsi.
(dall’intervista a Grazia)
Penso che dalla timidezza si possa guarire, ma ci vuole una grande dose di coraggio. Se non si vince quella battaglia, si rischia di essere penalizzati a vita e di finire sul lettino dell’analista. Con la musica mi sono sentito meno solo e ho acquisito la determinazione necessaria per diventare amico, padre e confidente del pubblico.
(dall’intervista a Grazia)
Nel 1979 affitta un tendone dai circensi Togni e lo chiama Zerolandia. Il singolo Il carrozzone/Baratto arriva al primo posto in classifica e vi rimane per ben otto settimane.
Nel 1979 Renato Zero canta la sigla di Fantastico Zero, condotto da Pippo Baudo, con l’evidente gioco di parole con il nome d’arte.
Quando da ragazzo uscivo vestito di piume per le strade della Montagnola, il quartiere in cui sono cresciuto, mi gridavano cose cattive e mi riservavano scherni, lazzi e ironie grevi. Io rispondevo: ‘Perché dite così a Renatino vostro? Venite qui che vi offro la colazione’.
(da un’intervista a Vanity Fair)
Ho sempre lavorato più di quanto non sarebbe stato lecito, amato più di quanto non avrei dovuto, salutato più di quanto la saggezza non avrebbe consigliato. Da una parte ho riempito il mio armadio di tutti i colori, le scelte e le avventure possibili per vivere intensamente, dall’altra ho dovuto fare i conti con la consunzione e con l’usura che investe inevitabilmente i soggetti come me. Per sentire, vedere e soffrire di più, un pedaggio si paga.
(da un’intervista a Vanity Fair)
Dopo un decennio di luci e ombre, nel 1991 partecipa per la prima volta al Festival di Sanremo, con una canzone scritta per l’occasione da Mariella Nava: Spalle al muro. Arriva secondo, ma è l’inizio di un nuovo successo di pubblico.
Per festeggiare i trent’anni di carriera, nel 1995 pubblica l’album Sulle tracce dell’imperfetto, che contiene il brano I migliori anni della nostra vita: diventerà una delle sue canzoni più celebri.
Nel 2003 ha adottato un figlio, Roberto Anselmi Fiacchini, che lo ha reso nonno di due nipotine, Ada e Virginia. Nel 2007 Renato Zero si presenta al Festival di Sanremo come ospite: si esibisce, a notte inoltrata, con uno share di oltre il 60%, il più alto di tutto il festival (escluse le premiazioni dei vincitori). Nel maggio 2018 è uscito Zerovskij Live, un cofanetto di due cd che riassumono una delle serate svoltesi all’Arena di Verona dell’anno precedente.
Nel 2019, invece, arriva Zero il folle.
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