Riot grrrl, le ragazze che cantano di aborto, vagina, stupro e femminismo
Le ragazze che cantavano di aborto, stupro e diritti femminili: chi erano le Riot Grrrl, le rocker "arrabbiate" che raccontavano le donne.
Le ragazze che cantavano di aborto, stupro e diritti femminili: chi erano le Riot Grrrl, le rocker "arrabbiate" che raccontavano le donne.
Il movimento è nato soprattutto nello stato di Washington, raccogliendo al proprio interno band formate quasi esclusivamente da donne, mosse dal medesimo desiderio di lottare per uguali diritti, contro il sessismo e per affermarsi in un genere ritenuto appannaggio degli uomini.
Il nome stesso del movimento, del resto, dà l’idea di quanto ribelli e rabbiosi fossero gli intenti di questi gruppi, dato che unisce le parole “Riot” (rivolta) al neologismo “Grrrl” usato al posto di “girl“, a indicare, in maniera quasi onomatopeica, un ringhio.
Fu anche grazie ai testi e agli slogan delle Riot Grrrl che fu portata avanti quella, venti anni prima, Shulamith Firestone aveva definito la “rivoluzione femminista”. E innegabile, nello sviluppo del movimento Riot Grrrl, fu anche la grande ispirazione delle femministe degli anni ’60 e ’70, oltre che il sorgere di quella che è passata alla storia come la “terza ondata” del femminismo.
Ma le fonti di riferimento per le Riot Grrrl furono davvero tante, nel mondo femminista: a partire da Betty Friedan e da quelle tesi esposte nel best seller del 1963, La mistica della femminilità, da cui i gruppi presero l’urgenza di rimettere in discussione l’immagine stereotipata della donna vista solo e unicamente come angelo del focolare.
Friedan aveva parlato, forse per la prima volta, dell’infelicità delle donne americane spinte a rinunciare alla carriera e alla realizzazione professionale per la famiglia, e quella mistica della femminilità era appunto l’immagine “ideale” propinata dai media, che voleva le donne realizzate solo e soltanto come mogli e madri.
Le Riot Grrrl partirono dalle tesi di Betty Friedan per affermare quanto ancora fosse lunga la strada per il raggiungimento della parità tra i sessi, e quanto fosse importante darsi nuovi scopi.
Ciò che distinse la terza ondata femminista fu proprio l’urgenza di affrontare nuovi temi, attualizzando anche il discorso sul corpo e sulla femminilità; ciò per cui lottavano le donne all’epoca riguardava non solo, o non più, la distruzione della cultura maschilista, ma anche tutta quella serie di tabù che quest’ultima aveva portato nella società, in riferimento alle donne.
Le loro rivendicazioni, insomma, riguardavano anche le libertà personali, da quella di vestirsi fino all’espressione esplicita della propria sessualità.
Le Riot Grrrl hanno contribuito a inaugurare una nuova fase del femminismo non soltanto per avere proposto nuove forme di attivismo, ma anche per aver lanciato il messaggio che l’autodeterminazione della donna potesse passare anche attraverso la musica. Basta cantanti melodiche o dance, le Grrrl hanno fatto capire che le donne potevano cantare anche il punk come facevano i Clash o i Sex Pistols.
Questo contrariamente a quanto pensavano gli autori del magazine punk Sniffin’ Glue, che in un articolo avevano scritto “Punks are not Girls” a chiarire esplicitamente come la pensassero rispetto al ruolo femminile in quel genere.
Le Riot Grrrl tramutarono la rabbia per quell’ostracizzazione in musica, dando il la a un genere a sé ricordato soprattutto per gli argomenti proposti nelle canzoni, prima di allora mai affrontati.
Ciò che guidava le Riot Grrrl ai loro albori, negli anni ’90, era la rabbia mista a un sentimento di frustrazione nei confronti di una società che le vedeva come il sesso debole e quindi le discriminava, componente che in fondo è stata la scintilla per la stessa era del grunge. Dopo lo scioglimento delle Bikini Kill, senza dubbio uno dei gruppi iconici del movimento, che hanno preso strade separate nel 1997, a raccogliere l’eredità sono state soprattutto le Sleater-Kinney, le L7, le Babes in Toyland e, in misura minore, le Hole, seppur con testi meno politicizzati.
Dal Duemila in poi, invece, sembra che il movimento viva più di amarcord che di nuove generazioni; e dire che di cose da dire e raccontare, da questo punto di vista, ce ne sarebbero ancora molte.
Sfogliate la gallery per conoscere le Riot Grrrl più famose.
Formatosi all’inizio degli anni ’90, il gruppo è rimasto insieme fino al ’97, per poi riunirsi nel 2019 (senza Billie).
Per Kathleen Hanna, Billie Karren (chitarra), Kathi Wilcox (basso) e Tobi Vail (batteria) le esibizioni dal vivo erano lo strumento perfetto per portare avanti vere e proprie battaglie politiche. Nei loro testi si affrontavano temi come la violenza domestica, lo stupro, i disturbi alimentari, gli abusi sul lavoro; altri celebravano la libertà sessuale, l’importanza dell’amicizia tra donne e l’empowerment femminile.
Parlavano di violenza per invitare le vittime a parlarne a loro volta, a denunciare, a uscire allo scoperto. Spesso, durante i live, passavano i microfoni al pubblico per dare la possibilità, a chi lo volesse, di raccontare la propria storia.
Attive dall’87 fino al 2001, le Babes in Toyland erano Kat Bjelland, voce e chitarra, Lori Barbero, batteria e Michelle Leon, basso. Nel 1992 Leon lascia il gruppo per la morte del suo compagno, Joe Cole e Maureen Herman, amica e fan, entra nella formazione. Con questo nuovo assetto registrano Fontanelle, forse il loro album più importante, nel 1992.
Allison Wolfe, Molly Neuman ed Erin Smith possono essere considerate, come le Bikini Kill, le fondatrici delle Riot Grrrl. Una delle loro canzoni manifesto è Brat-girl, che recita:
Well I’ve got something to confess
I’m gonna throw this knife through your chest
We’re gonna kill spur posse boys
It’s the surest way to your heart lil’ boy
Ain’t gonna be your press darlings
I’d rather be fucked and throwing things
So get on your knees and suck my clit
If your gonna lie and say dumb shit
ovvero
Beh, ho qualcosa da confessare
Ti lancio questo coltello nel petto
Uccideremo i ragazzi dello Spur Posse [un gruppo americano di liceali di Lakewood, in California, diventato celebre per tenere traccia degli stupri compiuti, ndr.]
È la via più sicura per il tuo cuore, ragazzo mio.
Preferirei essere scopata e lanciare cose
Quindi mettiti in ginocchio e succhiami il clitoride
Se hai intenzione di mentire e dire stronzate.
Fondato da Suzi Gardner e Donita Sparks, cantanti e chitarriste, al gruppo si sono aggiunte, negli anni, anche Jennifer Finch, bassista, e Demetra Plakas, batterista. Il loro nome è un gioco di parole basato sull’espressione “hell’s heaven“, tipico degli slang anni ’50. In Shove, primo singolo della band, viene descritto uno scenario suburbano con barboni ubriachi, occhi che bruciano a causa dello smog e boss che pretendono che le donne si presentino al lavoro con i capelli in ordine. In Fast and Frightening c’è la frase iconica “Got so much clit she don’t need no balls”, ovvero
Ha così tanto clitoride che non ha bisogno delle palle.
Corin Tucker (voce e chitarra), Carrie Brownstein (voce e chitarra) e Janet Weiss (voce e batteria) hanno preso il nome del gruppo dall’omonima strada che attraversa il quartiere di Lacey della città di Olympia, nello stato di Washington, dove sono nate. Formatesi nel 1994, sono ancora insieme, tanto che nel 2019 è uscito il nono album in studio, The Center Won’t Hold.
In realtà c’è parecchia discordanza fra gli appassionati del genere, nel definire il gruppo guidato dalla vedova Cobain, Courtney Love, come appartenente alle Riot Grrrl, e non solo per la presenza di un uomo al suo interno (Eric Erlandson), ma anche per i testi, diventati via via più “commerciali” e per le sonorità, più paragonabili al grunge. Agli esordi, comunque, Love parlava di fantasie morbose, unite a temi morali e a tragedie. Dolls Eyes, del 1994, dice
Sono occhi di bambola, bocca di bambola, gambe di bambola
Sono braccia da bambola, grandi vene, esche per cani
A indicare la mercificazione del corpo femminile.
Cosa ne pensi?