Isadora Duncan lottò per una nuova idea di donna e lo fece ballando a pieni nudi, con abiti morbidi e capelli sciolti. Rivoluzionaria sul palcoscenico, dove dettò le nuove regole per la danza moderna, fu tragicamente sfortunata nel privato. Un’esistenza fatta di luci e ombre, degna di una pioniera di quell’arte che lei interpretava a modo suo, senza mai aver studiato veramente. In un’epoca in cui il balletto era ancora dominato dagli uomini e dalla rigidità, lei scelse di essere anticonformista e libera.

Nata nel 1877 in America, abbandonata presto dal padre e cresciuta in totale libertà dalla madre pianista, Isadora Duncan conobbe il successo in Europa solo nel 1900. E fu proprio nel nostro continente in cui scelse di vivere e in cui trovò fatalmente la morte, come racconta la biografia sulla fondazione che oggi porta il suo nome e che si occupa di aiutare le ballerine a realizzare il loro sogno.

Accadde verso sera, il 14 settembre del 1927, sulla Promenade des Anglais. Si trovava a Nizza, dove aveva riparato in seguito a una serie di lutti e fallimenti. Le dicevano che era troppo grassa per danzare ancora. E poi aveva iniziato a bere ed era sommersa di debiti… Non era di certo un periodo facile per Isadora, che aveva 50 anni e una luminosa carriera ormai spenta da tempo alle spalle.

Il pilota Benoît Falchetto le offrì un passaggio sulla sua Bugatti e lei accettò subito. Isadora si congedò dai suoi amici con la frase “Je vais à l’amour”. “Vado a innamorarmi”. Forse pensava davvero di poter rinascere grazie a un nuovo amore, ma non ebbe il tempo di farlo. La sua lunga sciarpa di seta si impigliò alla ruota dell’auto, strangolandola e facendo calare il sipario su una vita che tanto le aveva dato, ma che aveva tolto molto di più.

Il dolore più grande era stato la perdita dei figli. Nel 1913 i suoi due figli Deirdre, di 7 anni, e Patrick, di 3 anni, avuti rispettivamente dal regista teatrale Gordon Craig e dall’imprenditore Paris Singer erano annegati nella Senna insieme alla bambinaia. Una disgrazia che l’autista avrebbe potuto evitare, se non si fosse dimenticato di inserire il freno a mano prima di scendere dall’auto.

Per Isadora era stato un colpo durissimo. Eleonora Duse, sua grande amica, aveva tentato di aiutarla a superare il lutto presentandole un giovane scultore italiano, Romano Romanelli. I due avevano avuto un figlio nel 1914, morto poco dopo la nascita, spingendo la ballerina in una spirale sempre più autodistruttiva.

La sua autobiografia, intitolata La mia vita, venne pubblicata postuma. In essa Isadora aveva raccontato se stessa, le sue passioni, i suoi amori e le sue amicizie famose, come quelle con Rodin, D’annunzio ed Eleonora Duse. Aveva messo tutta se stessa e tutto il suo cuore, proprio come aveva fatto ogni giorno della sua esistenza, ballando scalza o amando senza paura.

La mia vita

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L'autobiografia della stella della danza Isadora Duncan, anticonformista e innamorata della vita, che ebbe un destino tragico e morì per un banale incidente.
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La sciarpa che uccise Isadora Duncan e la tragica morte dei figli
Fonte: Getty Images e Paul Berger
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