Nel Regno Unito, o almeno in una parte di esso, esiste una legge, chiamata Child’s Act, promulgata nel 1989, che dà agli uomini che stuprano le donne il diritto di occuparsi attivamente della crescita dei figli nati proprio da quella violenza.

A stabilire tale diritto sono le linee guida legali esistenti in Inghilterra e in Galles, che affidano a entrambi i genitori, indipendentemente dalla responsabilità genitoriale, il compito di essere informati circa lo sviluppo dei figli. Da qui l’opportunità, per lo stupratore, di essere messo a conoscenza della vita del figlio che la vittima della sua violenza ha scelto di non abortire.

Posto che la possibilità per questo di entrare in contatto con il bambino sia subordinato alla scelta discrezionale di una giuria, che ha il compito di stabilire l’esistenza di rischi prima di dare il via libera all’incontro, la legge naturalmente può avere risvolti drammatici, soprattutto per le madri dei bambini, preoccupate per l’incolumità di questi ultimi e costrette potenzialmente a rivivere l’incubo dello stupro subito a ogni contatto con gli uomini che, biologicamente, sono i padri dei loro figli.

A scagliarsi in maniera veemente contro questa legge è stata recentemente Sammy Woodhouse, una donna di Rotheram che, violentata ad appena 14 anni, ha deciso di lottare per non permettere all’uomo che l’ha stuprata di vedere il figlio, frutto di quella violenza.

Arshid Hussain, l’uomo che l’ha stuprata, condannato a 35 anni di carcere nel 2016 per 23 accuse di aggressioni sessuali, è infatti stato contattato dai servizi sociali di Rotherham per occuparsi del figlio. Ma Sammy non ci sta, e in un video postato su Twitter ha chiaramente chiesto di cambiare il Child’s Act dichiarando che Hussain è “un pericolo per me e per il bambino”.

Noi vittime di stupro continuiamo a subire violenza – ha detto Sammy intervistata dalla Bbc – e mi devo anche sentir dire: ‘Anche lui ha i suoi diritti’. E i miei diritti? E i diritti dei bambini?

In gallery abbiamo ripercorso brevemente la storia di Sammy e la sua battaglia civile per impedire che il suo stupratore possa, a tutti gli effetti, instaurare un rapporto con suo figlio.

Se chi ci stupra ha il diritto di conoscere il figlio nato dalla violenza
lettera donna
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