*** Aggiornamento del 9 giugno 2021 ***
Google dedica il doodle del 9 giugno a Little Miss Miracle, ovvero Shirley Temple, la baby star che a cavallo tra gli anni ’30 e ’40 fece innamorare gli americani, incarnando il sogno di rinascita e di rivalsa degli anni della Grande Depressione.
Perché Google ha scelto proprio la data del 9 giugno? Perché in questo giorno del 2015 a Santa Monica, sua città natale, è stato aperto il museo chiamato Love, Shirley Temple, che raccoglie alcuni tra i suoi più famosi cimeli. Il museo è stato inaugurato un anno dopo la sua morte, avvenuta il 10 febbraio del 2014.
*** Articolo originale del 24 ottobre 2019 ***
Riccioli d’oro, interpretato quando aveva solo sette anni e già una lunga carriera alle spalle, contribuì a far diventare Shirley Temple una delle star più pagate di Hollywood. Nella pellicola cantava “quando sarò grande, in un anno o due o tre, sarò felice come può esserlo un uccellino su un albero”: un motivetto allegro e spensierato, che riascoltato oggi suona come una dichiarazione di infelicità.
La Shirley Temple del grande schermo era bionda, sorridente e prodigiosa. Rappresentava tutto quello che la società americana sognava durante la Grande Depressione, tanto da spingere lo stesso presidente Roosevelt ad affermare quanto fosse bello, per ogni cittadino disilluso, poter pagare due spiccioli per andare al cinema e “vedere il sorriso di una bimba che gli ridarà la forza di andare avanti”.
Mentre in tutto il Paese si vendevano bambole che le assomigliavano, oltre a una lunga serie di oggettistica dedicata, si stava formando nell’immaginario un’idea comune di perfezione. Ma quell’idea, la Shirley Temple dei film, non esisteva: la piccola non era davvero bionda e non aveva nemmeno gli occhi azzurri. Quella subdola immagine di bellezza ariana era solo l’ennesima invenzione di un’industria cinematografica che già da tempo si era imposta come creatrice di canoni arbitrari e questionabili.
Qualcuno tentò di sollevare il velo dorato e mostrare le cose per come stavano, non senza conseguenze. Nel 1937 lo scrittore Graham Greene bollò il successo della piccola attrice come un’operazione forgiata sulla titillazione sessuale degli spettatori maschi. Scrisse un lungo e duro articolo, ricordato da Spectator, che gli costò una multa e un procedimento legale.
In Capitan Gennaio indossa i pantaloni con la matura coscienza di una Dietrich: il culetto elegante e già ben sviluppato si dimena nel tip-tap, gli occhi in tralice ti cercano con maliziosa civetteria. Adesso, in Alle Frontiere dell’India, con quel gonnellino corto, è davvero uno schianto! Guardatela mentre corre tra le baracche indiane; ascoltate l’affannoso respiro di eccitazione dei suoi attempati spettatori quando il sergente la solleva in alto; osservate con che disinvoltura professionale squadra un uomo, con fossettine di depravazione.
La critica, però, non era rivolta all’incolpevole stella del cinema, ma a chi la manipolava.
Se i suoi ammiratori – signori di mezza età ed ecclesiastici – soggiacciono alla sua ambigua civetteria e alla vista del suo corpicino ben fatto e desiderabile, che trabocca di una smisurata vitalità, è solo perché la storia e la sceneggiatura alzano una barriera di sicurezza tra la loro ragione e il loro desiderio.
Sfogliate la gallery per ripercorrere la storia di Shirley Temple…
L'autobiografia di Shirley Temple
In Child Star, primo volume di un’autobiografia che Shirley Temple non ebbe il tempo di completare, l’attrice ormai adulta raccontò che la sua era stata una vita bellissima. Come ricorda il quotidiano LA Times, non concesse grandi rivelazioni ai lettori: sembrava semplicemente la favolosa storia dell’attrice-bambina più celebre di Hollywood.
La "prima" infanzia di Shirley Temple
Prima di diventare una stella, Shirley visse la sua vita da normale bambina a Santa Monica, dove era nata il 23 aprile del 1928. Figlia di un banchiere e di una casalinga ed ex ballerina, iniziò a prendere lezioni di danza subito dopo aver mosso i suoi primi passi. La madre sognava per lei il successo che non aveva mai avuto e iniziò ad accompagnarla a tutte le audizioni possibili.
Il debutto di Shirley Temple
Notata a scuola da un direttore di casting a caccia di nuovi talenti, debuttò nel 1931 nella controversa serie di corti Baby Burlesks, in cui recitavano solo bambini vestiti solo di un pannolino o da adulti. Lei stessa criticò quella produzione definendola “un cinico sfruttamento dell’innocenza fanciullesca”.
Shirley Temple si affaccia al vero cinema
Con l’attenzione che cresceva verso di lei, i produttori di Hollywood le consigliarono di cambiare aspetto. Ispirandosi alla celebre attrice Mary Pickford, le tinsero i capelli di biondo: ogni mattina, sua madre realizzava 56 boccoli perfetti. Era ufficialmente nata Riccioli d’oro, nomignolo nato poi dall’omonimo film del 1936.
Shirley diventa una star
Dopo successi come E io mi gioco la bambina, Piccola Stella e La piccola ribelle, tutta l’America si innamorò di lei. Divenne l’attrice più pagata dalla Fox e arrivò persino a guadagnare una cifra maggiore rispetto a quella della divina Greta Garbo. Lo schema narrativo dei film in cui recitava seguiva sempre lo stesso fil rouge: non aveva genitori oppure questi si trovavano in pericolo, si affezionava a un adulto anziano, ma altre persone nemiche tentavano di spezzare questo legame.
Shirley Temple diventa un'icona femminile
Shirley Temple diventò un vero e proprio fenomeno di costume, simboleggiando il riscatto americano dopo la crisi. Paffuta e solare, era l’esatto contrario della maggior parte dei bambini statunitensi degli Anni Trenta, denutriti e affamati. Divenne persino un’icona femminile alternativa a quella erotica di Mae West.
Le critiche a Shirley Temple
Il folgorante successo di Shirley si esaurì verso la fine del decennio. Nel 1939 non fu scelta per il ruolo di Dorothy nel Il mago di Oz, che andò invece a Judy Garland. La sua popolarità cominciò a scemare e il flop de Alla ricerca della felicità nel 1940 decretò di fatto la fine della sua carriera. A dodici anni non suscitava più la stessa simpatia nel pubblico.
Gli scrittori Fruttero & Lucentini la descrissero poi in un articolo dal titolo Heil Shirley! come un tentativo di “arianizzare” il cinema:
Non c’è un rapporto diretto e dimostrabile tra Shirley Temple e Adolf Hitler, tra i riccioli d’oro e le camere a gas. Ma gli anni sono pur quelli e l’occhio del postero distingue ormai senza sforzo dietro il mostruoso dittatore urlante la mostruosa frugoletta che canta le sue canzoncine. Piacevano, piacevano entrambi, piacevano irrazionalmente, cultisticamente, totalmente. Entrambi pescavano in quella cupa palude dove la massima sdolcinatezza confina con la massima ferocia, e forse la provoca.
Il primo marito di Shirley Temple
Nel 1945, a diciassette anni, sposò l’attore John Agar, da cui ebbe la figlia Linda Susan. La coppia si lasciò nel 195o dopo sventurati tentativi di debuttare come coppia al cinema. Shirley chiese il divorzio per colpa dell’alcolismo e delle violenze del marito.
Shirley Temple si risposa
La serenità sentimentale arrivò dopo le nozze con Charles Black, ricco uomo d’affari californiano che non aveva visto nessuno dei suoi film. Si sposarono nel 1958 e insieme ebbero i figli Charles Alden Black, Jr. e Lori Black. Da quel momento Shirley Temple Black si dedicò alla politica, candidandosi con i repubblicani e ottenendo diversi incarichi come ambasciatrice.
Shirley Temple e il tumore al seno
Tra i “primati” di Shirley Temple, ce n’è uno anche relativo alla sua salute. Fu lei, infatti, il primo personaggio pubblico a parlare pubblicamente del suo tumore al seno, diagnosticato nel 1972. Prima di allora, nessuno aveva mai nominato espressamente la patologia e ciò contribuì ad aprire un dibattito sulla prevenzione e sull’importanza delle visite di controllo. L’attrice morì poi a 85 anni, nel 2014, per problemi ai polmoni. Aveva fumato per tutta la sua vita, ma evitava di farlo in pubblico per non dare il cattivo esempio ai giovani.
- Storie di Donne
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