Ci sono persone che vivono sotto la più totale indifferenza generale. Persone che nascono senza far rumore, che crescono allo stesso modo.
Invisibili.
E non perché la loro indole sia particolarmente asociale, semplicemente perché, nella categorizzazione banale e spesso disumana con cui talvolta tutti noi siamo abituati ad attribuire importanza alle persone, queste ultime rientrino nella sfera di coloro “non particolarmente degne di nota”.
Cittadini di serie A e di serie B, insomma, la cui importanza è giudicata a priori da altri.
Così era Arietta Mata, massacrata a soli 24 anni per 50 euro, lasciata abbandonata sui binari di una stazione e tuttora in attesa di trovare il luogo del suo eterno riposo.
Arietta era una prostituta ungherese, un’invisibile; una di quelle che generalmente la gente “per bene” non aiuta, con cui non vuole avere niente a che fare. È stata strangolata il 20 gennaio del 2018, e il suo cadavere martoriato è stato ritrovato nel tratto ferroviario tra Gaggio in Piano e Castelfranco Emilia, nel modenese.
La morte di Arietta è stata prima scambiata come suicidio e poi un incidente, ma l’autopsia ha escluso le ipotesi. Chi aveva già pensato quindi al fatto che fosse ‘solo una prostituta che non aveva motivi per vivere’ o fosse ‘ drogata o ubriaca e quindi fosse caduta sui binari’ ha dovuto ricredersi.
L’autopsia ha infatti permesso di risalire alla causa della sua morte, cancellando in un momento tutte le illazioni, le congetture, i mormorii voyeuristici che conservano quel pizzico di pruderie da paese. Quello che ti bolla prima come prostituta, poi come invisibile, quindi, in fondo, come persona.
Arietta è stata uccisa e il suo assassino, recidivo, oggi è in carcere. Ma per lei non c’è giustizia. Non ancora, almeno.
Da un anno e mezzo infatti il suo cadavere non ha ancora ricevuto una sepoltura, ma si trova sempre nell’obitorio di Castelfranco Emilia. Troppo povera la famiglia, che vive in Ungheria, per permettersi di pagare il rientro in patria della salma, per avere almeno la consolazione di dare una degna tomba a quella figlia che, partita con tante speranze per l’Italia, si era ritrovata intrappolata nel racket della prostituzione.
“Arrivare a loro è stato difficile, nessuno sapeva niente di lei e ci mancavano anche le informazioni più semplici – ha riferito al Fatto Quotidiano il sindaco del paese modenese, Giovanni Gargano – Ma come Comune siamo andati fino in fondo anche per rispondere a una sensibilità che caratterizza i nostri cittadini, perché crediamo che tutte le persone meritino la stessa dignità, e in questo caso dignità significa far ritornare questa ragazza vicino alla propria famiglia”.
E, a questo proposito, visto che nel buio desolante del giudizio e del preconcetto ogni tanto esiste un barlume di speranza, proprio in ragione della dignità di Arietta e del diritto dei suoi genitori e fratelli di riabbracciarla, seppur da morta, i cittadini di Castelfranco, coordinati dalle associazioni Libera Mancini-Vassallo e Giovanni XXIII hanno organizzato una colletta. Con cui, si spera, la giovane potrà ricevere il funerale e tornare finalmente a riposare in pace nella sua casa.
Se volete contribuire alla causa, questo post vi fornisce tutte le informazioni necessarie.
Dopo una fine brutale e un’odissea senza fine, forse Arietta avrà finalmente la giustizia che merita. Non solo quella giudiziaria, ma anche – e soprattutto – quella umana.
In gallery abbiamo ricostruito la storia della ragazza.
Abbandonata sui binari
Il corpo di Arietta è stato ritrovato il 23 gennaio, tre giorni dopo la morte, sul tratto ferroviario tra Gaggio in Piano e Castelfranco Emilia. Inizialmente gli inquirenti hanno pensato a un suicidio o a una tragica fatalità, ipotesi poi escluse dall’autopsia.
Era finita nel giro della prostituzione
Arietta, 24 anni, veniva da una famiglia rurale dell’Ungheria, estremamente povera. Lavorava sulla via Emilia Est, abitando in un alloggio nella zona di San Damaso, ma la Polizia ha trovato tracce della sua presenza anche nelle province di Asti e Rimini.
“Arietta, come tantissime sue connazionali, veniva da una zona rurale con un bassissimo livello di scolarizzazione – ha spiegato al Fatto Irene Ciambezi, dell’associazione Papa Giovanni – È su questa vulnerabilità che fanno leva quelli che poi diventeranno i loro aguzzini per adescarle: le convincono a venire in Italia con false promesse, a volte presentandosi come fidanzati in grado di dar loro un futuro. Ma quando arrivano nel nostro Paese, tutto ciò che trovano è la costrizione a prostituirsi”
E aggiunge:
I nostri volontari avevano incontrato Arietta due volte: sapevamo che c’era questo gruppo di ragazze ungheresi totalmente succubi dei loro protettori albanesi, gli stessi che vedevamo aggirarsi per strada durante la nostra attività, sempre in agguato.
Senza sepoltura
Dal momento dell’uccisione, dopo l’autopsia e la condanna del suo assassino, Arietta non ha mai lasciato l’obitorio di Castelfranco.
I genitori, ha spiegato il sindaco del paese,
Vivono in una condizione di estrema povertà e non possono permettersi di pagare per far ritornare la sua salma in patria.
L'assassino
Per l’omicidio di Arietta è finito in carcere il magazziniere sardo Pasquale Concas.
Secondo la ricostruzione dei fatti, Concas si sarebbe spacciato per un cliente e, dopo un diverbio, Arietta sarebbe scappata attraversando i binari, senza portare con sé ne borsa né documenti. Concas, dopo l’omicidio, si sarebbe impadronito dei soldi della ragazza, circa 50 euro, e del suo telefono.
L’uomo ha precedenti per altri omicidi, dato che è stato chiesto il rinvio a giudizio per l’assassinio dell’avvocato civilista Elena Morandi, trovata morta nel suo appartamento di via Boccabadati il 24 settembre del 2017, mentre ha già scontato 23 anni per l’omicidio dell’anziana Loredana Gottardi, nel 1994.
Il gesto dei cittadini di Castelfranco Emilia
Oltre alla fiaccolata organizzata pochi giorni dopo la morte, i cittadini del paese modenese stanno raccogliendo dei soldi, attraverso Libera e l’Associazione Papa Giovanni XXIII, per permettere alla famiglia di Arietta di riavere il cadavere a casa.
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