Bologna, ore 10:25 di un’afosa mattina di piena estate.

Le banchine della stazione sono gremite di gente, in un chiassoso andirivieni che profuma di vacanze, di ferie, di famiglie che vanno a godersi il sole e il mare. Ci sono bambini festanti, che non vedono l’ora di tuffarsi nell’acqua e sopportano malvolentieri l’attesa del treno, per mano ai genitori spazientiti dall’afa e dalla folla, ragazze che devono raggiungere casa, persone che lavorano.

All’improvviso, è l’inferno.

Dalla sala d’aspetto di seconda classe un frastuono terribile si propaga, accompagnato da un’esplosione terribile, mortale: quella di un ordigno a tempo piazzato proprio lì, in una valigia abbandonata su un tavolino, sotto il muro portante dell’ala Ovest dell’edificio. Come sei anni prima successe a Brescia, in Piazza della Loggia.

In un attimo quella che è una mattina di risate, gioia e impazienza di raggiungere la meta delle vacanze, o semplicemente un’ordinaria giornata di lavoro, si trasforma in un incubo degno del peggior girone dantesco. La bomba esplode, fa crollare completamente quella parte di palazzo, investe il treno Ancona-Chiasso, che al momento si trova in sosta sul primo binario, distrugge circa 30 metri di pensilina, il parcheggio dei taxi antistante l’edificio.

Il panico avvolge la città subito dopo il boato, mentre l’odore terribile della morte, della catastrofe, si sparge tutt’attorno; alla fine, il bilancio è tremendo: ci sono 85 vittime, altre 200 persone sono rimaste ferite o mutilate.

Bologna però non si lascia travolgere dal panico, tutti si rimboccano le maniche dal primo momento: i vigili, i mezzi di soccorso, ma anche i normali cittadini, tutti prestano soccorso per scavare tra le macerie, per aiutare i feriti, per liberare le strade e rendere il percorso verso l’ospedale più libero e veloce, mentre il personale ospedaliero rientra in tutta fretta dalle ferie per tornare al lavoro.

Le indagini, subito dopo i giorni del dolore e della rabbia, esplosa con le manifestazioni seguenti di Piazza Maggiore, portano, nonostante i tentativi di depistaggio, ad attribuire l’orrendo attentato, il più grave nella storia italiana del dopoguerra, ai militanti di un gruppo di estrema destra, i Nuclei Armati Rivoluzionari. La strage del 2 agosto 1980 rientra a tutti gli effetti in quel clima da guerriglia urbana degli anni di Piombo, e solo molti anni dopo la sua esecuzione, nel 1995, si è arrivati alle prime condanne, con l’ergastolo a Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, ritenuti gli esecutori materiali.

Nel 2007 è stato inoltre condannato a 30 anni un terzo elemento, ritenuto parte attiva della strage, Luigi Ciavardini, mentre dal 2017 è stato aperto il processo, iniziato nel gennaio 2019, nei confronti di Gilberto Cavallini, su cui pende l’accusa di concorso in strage.

Colpevoli a parte, negli occhi di tutta l’Italia, a distanza di 39 anni, sono rimaste le immagini strazianti di quell’edificio sconquassato, lacerato e distrutto; di quei volti diventati maschere di sangue, di quelle bare che, spesso, contenevano nient’altro che pochi, miseri resti recuperati dall’orrore.

Rimangono, soprattutto, i visi e i sorrisi di quei genitori, figli, ragazzi, lavoratori, pieni di sogni e di ambizioni, con la testa già alle vacanze e al mare, che in quell’assolata mattina hanno incrociato un destino tanto crudele, da essere impossibile da dimenticare.

A tutti loro abbiamo dedicato questa gallery.

Angela, 3 anni, Viviana col suo bimbo in grembo e gli altri che saltarono in aria
Fonte: Wikipedia
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