Suffragette: le donne "in direzione ostinata e contraria" che cambiarono il mondo
Erano agguerrite e disposte a usare anche mezzi poco ortodossi: chi erano le suffragette, ovvero le donne grazie a cui tutte, oggi, possiamo votare.
Erano agguerrite e disposte a usare anche mezzi poco ortodossi: chi erano le suffragette, ovvero le donne grazie a cui tutte, oggi, possiamo votare.
Parliamo delle suffragette, ovvero di tutte quelle donne che, in tempi in cui il femminismo era argomento pressoché sconosciuto e le rivoluzioni culturali insospettabili, hanno lottato affinché alla compagine femminile venisse riconosciuto il giusto ruolo – e i diritti legittimi – in società. A partire proprio dal diritto al voto, da cui traggono anche il nome.
Dalla parola suffragio, nel suo significato di diritto di voto, le suffragette hanno tratto il proprio nome; secondo alcuni puristi del lessico, sarebbe stato più corretto usare la definizione suffragista, ma suffragetta è appunto la donna impegnata per il riconoscimento della piena dignità.
Per ovvi motivi, le suffragette sono considerate le prime femministe, quelle che hanno dato il là al movimento, permettendo alle donne di prendere la piena consapevolezza di sé e dei propri diritti.
Anche se all’inizio della rivoluzione francese, all’Assemblea Rivoluzionaria furono presentati i Cahier de Doléances des femmes, una prima richiesta formale di riconoscimento dei diritti delle donne e, più o meno negli stessi anni Olympe de Gouges pubblicò Le prince philosophe, romanzo che rivendicava i diritti delle donne (finì ghigliottinata nel 1793), i veri inizi del movimento delle suffragette devono essere fatti risalire al Regno Unito.
Le suffragette erano sostenute anche dal lavoro di personalità fautrici dei diritti delle donne, come John Stuart Mill, che propose l’idea del suffragio femminile in un programma presentato agli elettori del Regno Unito nel 1865, alcune delle più famose suffragette, come Mary Wollstonecraft (che nel 1792 pubblicò A Vindication of the Right of Women), diedero il là all’espandersi del movimento: iniziarono a formarsi i primi circoli femminili, anche se le richieste femminili rimasero al principio inascoltate, sino a quando, con la riforma del 1832 e con la legge comunale Corporations Act del 1835, finalmente venne concesso il diritto di voto alle donne, seppur limitato alle elezioni locali.
Il movimento vero e proprio delle suffragette, inteso come movimento nazionale volto a chiedere il suffragio femminile, vide però la luce nel Regno Unito solo nel 1869. Da qui si può davvero iniziare a parlare di suffragette perché, tanto che nel 1897 venne formata la Società Nazionale per il suffragio femminile (National Union of Women’s Suffrage), la cui fondatrice, Millicent Fawcett, cercò di convincere anche gli uomini ad aderire al movimento, dato che erano i soli, in quel momento storico, a poter legalmente concedere il diritto di voto. Incontrando l’ostilità e la diffidenza maschili, la situazione di stallo per le donne si protrasse fino al 1903, quando Emmeline Pankhurst fondò l’Unione sociale e politica delle donne (Women’s Social and Political Union – WSPU), con lo scopo dichiarato di far ottenere alle donne il diritto di voto politico, concesso solo agli uomini sul piano nazionale.
In quegli anni iniziò la vera protesta femminile, con le donne che si incatenavano alle ringhiere, incendiavano le cassette postali, rompevano le finestre e alcune, addirittura, persero la vita: come Emily Davison, che morì durante i disordini al Derby di Epsom l’8 giugno 1913. Molte di coloro che vennero incarcerate attuarono lo sciopero della fame, emulando Marion Dunlop, la prima suffragetta a proporre tale forma di protesta.
Si arrivò all’elezione della prima donna al Parlamento del Regno Unito, Lady Nancy Astor, nata Nancy Whitcher Langhorne, originaria della Virginia e diventata cittadina britannica dopo aver sposato, nel 1906, il visconte di Astor, Waldorf. Nel corso di una votazione suppletiva fu eletta e proclamata deputato per il partito conservatore: era il 1º novembre 1919.
Naturalmente l’obiettivo del movimento femminile, che era in realtà un vero e proprio movimento femminista, era raggiungere la piena parità con gli uomini, anche da un punto di vista economico e giuridico: le donne chiedevano di poter insegnare nelle scuole superiori, di poter accedere ai diritti civili, le medesime opportunità lavorative e, va da sé, il diritto di voto.
Fu la prima guerra mondiale a dare “l’occasione”, alle donne, di mostrare di valere quanto gli uomini, essendosi trovate ad assumere i tradizionali ruoli maschili, dato che il cosiddetto “sesso forte” era impegnato al fronte.
Tuttavia, il conflitto causò anche una vera e propria frattura nel movimento delle suffragette del Regno Unito, con Christabel ed Emmeline Pankhurst, ed il loro Women’s Social and Political Union, che si dichiararono disponibili a sospendere la loro campagna per la durata della guerra, al contrario delle suffragette più radicali, rappresentate da Sylvia Pankhurst con il suo Women’s Suffrage Federation, che continuarono la lotta.
Non furono però sufficienti questi screzi per minare il percorso preparato da anni di lotte e comizi: nel 1918, a guerra finita, il Parlamento del Regno Unito approvò la proposta del diritto di voto limitato alle mogli dei capifamiglia con certi requisiti di età (sopra i 30 anni), finalmente ammesse al voto politico. Solo dieci anni più tardi, con la legge del 2 luglio 1928, il suffragio fu esteso a tutte le donne del Regno Unito.
Dopo l’esempio britannico, il movimento delle suffragette si sviluppò in forme simili in vari paesi. Sorprendentemente, a introdurre per prima il suffragio universale fu la Nuova Zelanda, nel 1893, poi, rispettivamente nel 1906 e 1907, Finlandia e Norvegia. In Germania le donne ottennero il diritto al voto nel 1919, mentre in Francia solo nel ’45, in Svizzera, con l’eccezione di alcuni cantoni che la garantirono dal ’59, addirittura nel 1971.
Negli USA, eccetto lo stato del Wyoming che riconobbe il suffragio femminile nel 1869, alle donne il voto fu concesso nel 1920. Tra le leader del movimento statunitense ricordiamo Alice Paul.
Qui, il percorso fu complicato dall’unificazione, avvenuta solo nel 1861. Nel 1919 le donne ottennero l’emancipazione giuridica, tanto che persino Papa Benedetto XV si pronunciò pubblicamente a favore del diritto di voto alle donne.
Fra le esponenti dei gruppi femminili italiani ricordiamo soprattutto Giuditta Brambilla, Carlotta Clerici e Anna Kuliscioff, che tuttavia trovarono nel fascismo un blocco piuttosto duro da superare, tanto che solo il 1º febbraio 1945, con l’Italia ancora impegnata negli strascichi della seconda guerra mondiale, il Consiglio dei ministri dell’Italia Libera, presieduto da Bonomi, approvò il decreto legge Alcide De Gasperi-Togliatti che prevedeva il diritto di voto esteso a tutti gli italiani che avessero 21 anni compiuti. Fino al 1947 restarono escluse le prostitute “vaganti”, citate all’art. 3, ovvero le donne schedate che lavoravano fuori dalle “case chiuse”.
Le donne votarono per la prima volta, nel nostro paese, alle elezioni amministrative della primavera del 1946 e, ovviamente, al referendum del 2 giugno, per l’elezione dell’Assemblea costituente e per il Referendum per la scelta tra monarchia e repubblica.
In gallery, conosciamo la storia di alcune delle più famose suffragette.
Figlia dell’alta borghesia, prese il cognome dal marito, sposato nel 1879, più vecchio di lei di 24 anni, Richard Marsden Pankhurst.
Quando aveva 7 anni, il padre, convinto che stesse dormendo, le si avvicinò e disse: ‘Se solo fossi un maschio’. La piccola capì che nella società la donna non era abbastanza importante; fu così che sviluppò gli ideali sul diritto di voto per le donne. Questo fece nascere in lei il desiderio di occuparsi dei diritti delle donne.
Con il marito si impegnò in favore dell’uguaglianza politica delle donne, ideando la Lega per il diritto di voto alle donne (Women’s Franchise League in inglese), che diede un grosso contributo all’ottenimento del diritto al voto per le donne nelle elezioni locali, e, nel 1903, la Women’s Social and Political Union, che chiedeva l’estensione del suffragio alle donne. Ebbe tre figlie Christabel, Sylvia e Adela, che continuarono la lotta iniziata dalla madre.
Emily Davison arrivò alla formazione universitaria, presso il Royal Holloway College di Londra, dovendo tuttavia ritirarsi perché la madre, rimasta vedova, non era più in grado di sostenere le spese. Divenne quindi una insegnante di scuola, a Edgbaston e a Worthing.
Grazie al suo lavoro risparmiò abbastanza da iscriversi al St. Hugh College di Oxford, dove studiò Lingua e Letteratura Inglese, ottenendo i risultati migliori all’esame finale del suo corso, nonostante alle donne, in quel momento, non fosse consentito conseguire la laurea in quella università.
Scozzese, fu in gioventù una stimata scultrice e illustratrice. Dopo il trasferimento a Ealing (Londra) si unì alla WSPU, la Women’s Social and Political Union.
Nel 1909 fu dichiarata colpevole di danneggiamento intenzionale, per aver imbrattato i muri della House of Commons e per aver tirato pietre contro le finestre del numero 10 di Downing Street. Dopo essersi rifiutata di pagare la multa che le fu comminata, fu arrestata e trattenuta in prigione per un mese.
Americana, nata in una famiglia aderente al quaccherismo, anche grazie a questo Alice imparò fin dall’infanzia che la parità di genere era un obiettivo da ricercare.
Inoltre, Alice viveva sulla propria pelle fin da piccola le battaglie del movimento femminista, grazie alla madre, Tacie, iscritta al National American Women Suffrage Association, che portava spesso la figlia alle riunioni.
Dopo la scuola, e la laurea in scienze politiche nel 1912, con una dissertazione sulla posizione legale delle donne in Pennsylvania, si iscrive al National American Women Suffrage Association. Il 26 agosto 1920 ottiene il diritto di voto alle donne. È anche protagonista del film Angeli d’acciaio, ispirato alla sua storia e alle sue lotte.
Non può essere considerata una vera suffragetta, ma piuttosto una suffragista, su posizioni più moderate, seppur instancabile nella sua attività. I suoi sforzi vennero indirizzati soprattutto alla lotta per migliorare le opportunità di istruzione superiore per le donne, tanto che nel 1871 fu co-fondatrice del Newnham di Cambridge, assieme a Henry Sidgwick. Fu anche presidente dell’Unione Nazionale delle Società a suffragio femminile dal 1890 fino al 1919.
Nata in Crimea da una famiglia ebrea, nel 1817 si trasferì in Svizzera per frequentare i corsi di filosofia presso l’università di Zurigo.
In Svizzera conobbe Andrea Costa, con il quale si trasferì prima Parigi, poi in Italia. Nel nostro paese Anna venne processata dopo pochi mesi dal suo arrivo, a Firenze, con l’accusa di cospirazione con gli anarchici per sovvertire l’ordine costituito. Tornò in Svizzera prima di rientrare in Italia, dove raggiunse Costa a Imola e diede alla luce la loro figlia, Andreina. Nel 1881, portando con sé la figlia, tornò in Svizzera dove, si iscrisse alla facoltà di medicina, e nel 1888 si specializzò in ginecologia, ritornando poi a Milano, dove cominciò a esercitare l’attività di medico.
Nel 1898 fu arrestata con l’accusa di reati di opinione e di sovversione. Dopo la scarcerazione elaborò una legge a tutela del lavoro minorile e femminile, presentata e approvata come legge Carcano al Parlamento dal Partito Socialista Italiano.
Assieme alla sindacalista Maria Goia Anna Kuliscioff ebbe un ruolo fondamentale anche nella lotta per l’estensione del voto alle donne, sostenendo, ad esempio, la nascita, nel 1911, del Comitato Socialista per il suffragio femminile.
Morì senza però vedere il suffragio esteso alle donne, a Milano, nel 1925. In suo onore nel capoluogo lombardo è stata costituita la Fondazione Anna Kuliscioff, che ha una biblioteca di 35.000 volumi e opuscoli tutti dedicati alla storia del Socialismo, oltre a una via dedicatale in zona Bisceglie.
Figlia di Emmeline, si dedicò interamente alla propaganda suffragista unendosi alla Women’s Social and Political Union, ma poi, con gli anni, decise di distaccarsi dalla madre e dalla sorella Christabel, fondando un gruppo antagonista, la East London Federation of the Suffragettes.
Nel 1917 conobbe l’anarchico italiano Silvio Corio, innamorandosene, e poco dopo Sylvia fondò la prima sezione inglese del Comintern, anche se incontrò le perplessità di Lenin al secondo Congresso di Mosca del 1920 e l’ostracismo da parte del neonato Communist Party of Great Britain, finendo per ritirarsi a Woodford Green, nell’Essex.
Christabel Harriette Pankhurst fu più volte arrestata e trattenuta in prigione per la sua attività militante; tra il 1912 e il 1913 guidò le file del movimento suffragista dal suo esilio in Francia, prima di tornare in patria, nel 1914 rientrò, sostenendo l’entrata in guerra contro la Germania. Nel 1917 fondò, con la madre Emmeline, il Partito delle donne (Women’s Party), chiedendo la parità di salario fra uomini e donne che svolgevano lo stesso lavoro, la parità di diritti nel matrimonio, il divorzio e i figli, pari opportunità di impiego nella pubblica amministrazione, e un sistema di assistenza alla maternità.
Trasferitasi negli Stati Uniti nel 1921, divenne membro di spicco del movimento protestante avventista. Tornò in Gran Bretagna negli anni ’30, fuggendo però di nuovo negli USA allo scoppio della Seconda guerra mondiale.
Nel 1936, venne insignita del titolo di Dame Commander dell’Ordine dell’Impero Britannico.
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