Chi sono le suicide girls e le 9 italiane più famose
Avete mai sentito parlare di Suicide Girls? Ecco chi sono e perché rappresentano un vero movimento di riscatto femminile.
Avete mai sentito parlare di Suicide Girls? Ecco chi sono e perché rappresentano un vero movimento di riscatto femminile.
Fra i tanti fenomeni lanciati dai social c’è anche quello delle Suicide Girls che, a dispetto di un nome piuttosto inquietante, vuol lanciare un messaggio di autodeterminazione e libertà femminile a tutto tondo.
Il trend nasce come community virtuale già nel 2001, sotto la spinta di Sean Suhl (Sean) e Selena Mooney (Missy Suicide) con uno scopo preciso: mostrare “belle ragazze punk nude”, non sotto un’accezione sessuale, ma per tutt’altri motivi, ovvero per permettere alle donne di riappropriarsi della propria sessualità. Il portale raccoglie le foto di più di 2000 ragazze, ed è diventato fin da subito uno dei fenomeni in Rete, proprio per la volontà di dare spazio a donne giudicate non catalogabili come “bellezze convenzionali”. La sua espansione è stata talmente rapida che la pagina Instagram omonima conta ormai più di 7 milioni di followers.
Veniamo adesso al nome (che prende spunto da un romanzo di Chuck Palahniuk, uno che di anticonvenzionalità si intendeva abbastanza): come detto, la parola Suicide farebbe pensare a qualcosa di abbastanza macabro, ma non c’è da preoccuparsi, anzi: con il termine “suicidio”, infatti, ci si riferisce esclusivamente a quello del perbenismo e dei finti moralismi, quelli, per intenderci, che vorrebbero le donne tutte pudiche e angeli del focolare.
Non a caso, le Suicide Girls sono molto spesso ragazze piene di tatuaggi, piercing, con i capelli colorati con le tinte più bizzarre, insomma esempi totalmente opposti rispetto ai prototipi classici di bellezza della supermodella dal fisico scultoreo, con i capelli biondi e gli occhi azzurri.
Punk rock, dread, tattoo, cosplay, cute, pierced nipples, hardcore sono alcune delle categorie visitabili all’interno del sito, che sottolineano una volta di più la volontà di allontanarsi da cliché estetici e stereotipi e che, inevitabilmente, attirano su di sé anche qualche critica.
Anche se i responsabili del sito non fanno scouting, quest’ultimo è letteralmente invaso di domande. Sarà questo, forse, il sintomo di un desiderio femminile di mostrare che la bellezza risiede anche in qualcosa di “altro” rispetto a ciò che è giudicato tradizionale, e che canonico non significhi per forza sempre e necessariamente “bello”?
“Volevo creare un luogo in cui le ragazze fossero libere di esprimersi, di trovarsi belle in modo unico, di amare i loro corpi, perché nel 2001 la definizione di bello era piuttosto univoca – ha spiegato in un’intervista per Vice la fondatrice del sito, Missy Suicide – O eri magrissima o eri rifattissima come Pamela Anderson.
Ma io vedevo intorno a me così tante donne bellissime e completamente escluse dagli ideali estetici della società. Volevo che avessero un posto tutto per loro, in cui emergere, essere loro stesse, ed essere apprezzate per la loro bellezza e unicità.
Pensavo che avremmo avuto successo a Portland, che magari ce l’avremmo fatta anche a Seattle. Quindici anni dopo, ci sono 3000 community di SuicideGirls in tutto il mondo, anche in Antartide. Abbiamo 250.000 ragazze che vogliono diventare SuicideGirls, e ogni anno ci arrivano altre 50.000 richieste. È una comunità abbastanza grande, no? Prima o poi tutti ci sentiamo diversi, nella vita, e il nostro messaggio di essere te stessa, di essere unica si addice perfettamente a questa sensazione“.
Anche in Italia esistono molte Suicide Girls, anche se spesso vengono confuse con le Sickgirls, un progetto in stile Suicide Girls, con una sostanziale differenza: li sick, infatti, si rifanno soprattutto alle donne in stile pin-up, rivisitandolo, e sono piuttosto lontane dal genere delle Suicide, a livello di immagine.
Tra le Suicide Girls italiane più famose sui social troviamo, ad esempio Indaco Suicide, Slim Suicide, mentre il gruppo Facebook italiano delle Suicide Girls conta più di 3000 membri.
Insomma, ciò che piace nell’idea delle Suicide Girls è l’invito che fa a tutte le donne a eliminare la bassa considerazione che si ha di sé solo perché non si risponde ai canoni estetici imposti da moda, o social, ed esibire la propria bellezza alternativa, forti del pensiero che “alternativa” non significhi affatto “sciatta”.
In gallery conosciamo alcune fra le Suicide Girls più famose del nostro paese.
Riae ha spiegato come è diventata una Suicide Girl:
Nel 2007, in pieno boom di MySpace. Trovai un articolo su SG in un giornale, mi incuriosii e andai sul sito. Ammetto di non aver pensato di riuscire a farne parte, forse per scarsa autostima, forse perché io non mi ero mai fatta fare della foto, sopratutto nuda… Ma ho mandato il primo set e sono stata presa.
Quando le viene chiesto cosa significhi per lei essere una Suicide Girl, dice:
Entrare a far parte di SG è stata una delle scelte più azzeccate della mia vita, perché ha stravolto ogni cosa, portandomi a quello che sono ora. In più mi piace far parte di un movimento che ha cambiato i canoni estetici attuali, perché diciamolo, è anche grazie al sito che ora tatuaggi e capelli colorati sono sdoganati, un po’ come lo sono stati i programmi TV sul mondo dei tatuaggi.
Per me essere una Suicide Girl ha significato molto, per prima cosa rappresentare un tipo di bellezza non stereotipato – ha raccontato Felisja a Vice – Purtroppo questo tipo di modelle in Italia ancora non è considerato alla pari di quelle non tatuate, cosa che non accade all’estero—per esempio in America. […] Diventare una SG è stata una scelta che, oltre a visibilità e altri benefici, ha portato anche l’accanimento di parecchie persone sui social network. Soprattutto in Sardegna, dove vivevo e sono cresciuta. Purtroppo, ancora oggi, spesso viene confusa una modella di nudo con una prostituta.
Candy ha cominciato quando il sito era agli esordi, e in effetti in un primo momento, consigliata anche da alcune persone, ha preferito lasciar perdere.
Anni dopo, e soprattutto quando ho iniziato a volermi bene, ho mandato subito la richiesta e il mio primo set è stato accettato. […] Per me SG vuol dire accettazione. È la prima cosa che dico parlando del sito, perché è una community in cui il rispetto è la base di tutto.
Lei ha scoperto il mondo delle Suicide Girls navigando su internet e vedendo alcune foto.
Non ricordo chi era, ma mi piaceva lo stile. Iniziai a fare ricerche per capire chi fossero le SG e trovai il sito. Il tempo di organizzarmi e feci il mio primo set: anche se avevo molti meno tatuaggi di adesso è andato tutto bene, e così adesso sono una SG a tutti gli effetti.
In un’intervista del 2016 ha dichiarato che essere una Suicide Girl per lei:
È semplicemente un ‘nome’ in più, e un far parte di una community in cui ho conosciuto delle bellissime persone. A livello lavorativo, è un lavoro in più che faccio con totale scioltezza e felicità. Era uno dei miei piccoli sogni quando ero ancora minorenne […] Ho iniziato a posare, in generale, nel 2007, sono sempre stata affascinata da quel mondo e nel 2014, troppo tardi, ci ho pensato per tanto tempo, ho deciso di entrarci. Pochi mesi dopo aver inviato il mio primo set, fu acquistato e diventai ufficialmente una Suicide.
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