"Lo stupro cambia la vita anche alle donne che non lo subiscono"

La maggior parte degli zoologi è stata reticente nell’affrontare il discorso dello stupro. Per loro non si trattava di una questione scientifica rilevante. Ma sappiamo che gli esseri umani sono diversi. La copulazione nella nostra specie può avvenire 365 giorni l’anno; non viene controllata dal ciclo femminile. Noi femmine della specie umana non “andiamo in calore”. Il calore e i segnali, sia visivi che olfattori, sono assenti dalle nostre procedure di accoppiamento, forse perduti nel caos dell’evoluzione. Al loro posto, segno della nostra civiltà, c’è stata l’evoluzione di un complesso sistema di segni e necessità psicologiche, una struttura molto più elaborata del piacere.

Il desiderio del sesso per noi avviene nella testa e l’atto di per sé non viene collegato, come per gli animali, al percorso naturale di procreazione. Senza una stagione biologicamente dedicata all’accoppiamento, un maschio umano può dimostrare interesse per una femmina umana quando vuole e la sua necessità psicologica non dipende minimamente dal fatto che lei sia biologicamente pronta o ricettiva. Tutto questo per arrivare alla conclusione che il maschio umano può stuprare.

La scoperta dell’uomo che i suoi genitali potevano servire come arma per generare paura deve essere annoverata fra le più importanti scoperte dei tempi preistorici, insieme con l’uso del fuoco e le prime rozze asce di pietra. Dalla preistoria ai nostri giorni […] lo stupro ha svolto una funzione critica. Si tratta né più né meno che di un consapevole processo d’intimidazione mediante il quale tutti gli uomini mantengono le donne in uno stato di paura.

Facendo dello stupro un delitto di cui si può parlare, e non un motivo di vergogna, il movimento delle donne ha già esploso i primi colpi di rappresaglia in una guerra antica come la civiltà stessa. […] osando parlare dell’innominabile, noi donne avevamo portato alla luce un’altra parte ancora della nostra oppressione, forse la chiave fondamentale: la repressione fisica storica, un processo consapevole d’intimidazione, d’istillazione del senso di colpa e della paura.

Per Brownmiller l’idea che l’uomo sia il “conquistatore” e la donna la “vittima” si insinua nella mente anche attraverso le favole classiche dell’infanzia, sfociando in un vero e proprio masochismo femminile. Inoltre, spesso le eroine della tradizione popolare sono quelle “morte” per difendersi, non le sopravvissute: la controparte eroica maschile, invece, tradizionalmente è quella vincente e “viva”.

Lo stupro è semplicemente un importante segnale agli ultimi gradini di una scala masochistica che va dalla passività alla morte.

Intervistata di recente da The Cut, Susan Brownmiller ha fatto alcune affermazioni forti, che hanno sollevato qualche critica. Non accetta il vittimismo e crede che sia necessario evitare le “trappole”: per lei, è fondamentale non abbassare mai la guardia. Le donne devono imparare a essere padrone del loro destino, soprattutto chi è vittima di violenza domestica, per riconoscere i segnali e chiudere subito una storia malata.

Da femminista, mi sento di dirvi “Andatevene, andatevene, uscite da quella storia”.