A Unorthodox, serie tv in 4 episodi che sta spopolando su Netflix, va più di un merito oltre a quello di offrire uno spaccato inedito sulla comunità chassidica di Williamsburg, a Brooklyn, e sulle regole che ne governano lo stare in famiglia e nella società.
La miniserie parlando del ruolo della donna tra gli ebrei ultraortodossi parla – in qualche modo – anche di alcuni stereotipi che gravano ancora su tutte noi.
Tratta dall’autobiografia di Deborah Feldman, Unorthodox racconta della fuga di una ragazza ebrea diciannovenne, Esty (l’attrice israeliana Shira Haas), in fuga da un matrimonio combinato e dalle sue costrizioni.
Puntata dopo puntata, vengono così decritti molti dei precetti che regolano la sessualità tra gli ultraortodossi, prima fra tutte la legge sulla purezza familiare e il Niddah, termine ebraico per descrivere una donna durante le mestruazioni (o una donna che le ha avute ma non ha ancora svolto i rituali di purificazione nella mikveh)
“Quando una donna abbia flusso di sangue la sua immondezza durerà sette giorni; chiunque la toccherà sarà immondo fino alla sera. Ogni giaciglio sul quale si sarà messa a dormire durante la sua immondezza sarà immondo; ogni mobile sul quale si sarà seduta sarà immondo. Chiunque toccherà il suo giaciglio, dovrà lavarsi le vesti, bagnarsi nell’acqua e sarà immondo fino alla sera“, si legge nel Levitico, libro in comune alla Torah ebraica e alla Bibbia cristiana.
Il sangue mestruale è impuro e ha un effetto contaminante, dunque, non solo per il Satmar, il movimento chassidico di ebrei ungheresi e rumeni sopravvissuti all’Olocausto: le donne durante il ciclo mestruale causano il deterioramento del vino, dell’aceto e del latte; alle donne mestruate non è consentito cuocere il pane, aiutare a macellare, preparare conserve, toccare i fiori, fare il bagno, tingere i capelli e via via in una sequela di credenze popolari diffuse un po’ ovunque fino a pochissimo tempo fa (e ancora vive in alcune zone rurali).
I padri della Chiesa vedevano nelle mestruazioni il simbolo del peccato originale di Eva, un’impurità spirituale non eliminabile con nessuno dei lavaggi rituali con cui la donna ebrea poteva invece riconquistare la purezza. Ne è derivata per la donna cristiana tutta una serie di limitazioni: nell’Alto Medioevo, ad esempio, le era proibito, durante il ciclo mestruale, entrare in chiesa e prendere parte alla vita ecclesiale.
Nella tradizione ebraica, le norme per le donne mestruate non sono che uno dei precetti di purezza a cui l’intero popolo di Israele deve conformare la propria condotta di vita. L’idea di impurità, riferita in genere alle secrezioni del corpo, ai contatti sessuali e al parto, è collegata al divieto di consumare alcuni cibi. Non solo, anche certe stoffe, campi o addirittura interi territori possono essere considerati impuri.
L’antropologa britannica Mary Douglas ha trattato del codice ebraico di purezza in Purezza e pericolo. Un’analisi dei concetti di contaminazione e tabù, uno dei capisaldi dell’antropologia culturale. Secondo la studiosa, non rappresenta il tentativo di difendere i diritti del patriarcato, quanto la preoccupazione di assicurare un ordine sociale a una minoranza fortemente perseguitata.
E il senso di appartenenza alla comunità è il sentimento che – malgrado in fuga – la Etsy protagonista di Unorthodox non perde un solo istante, neanche quando, spaesata ma felice, approda nella Berlino multiculturale in cerca di sé stessa: “Da dove vengo io, i bambini sono la cosa più importante. Stiamo ricostruendo i 6 milioni persi“, dice al medico che le prospetta la possibilità di abortire nella laica Germania.
“Il flusso arriva, goccia a goccia, diminuisce lentamente e passa“: così gli abitanti delle isole Trobriand descrivono le mestruazioni. Studiati da Bronislaw Malinowski agli inizi del secolo scorso, i trobriandesi sono tra i pochi per cui le mestruazioni non costituiscono un tabu; ma bisogna arrivare in Nuova Guinea, quasi alla fine del mondo. Altrove, troppo spesso si discute ancora di “quei giorni lì”…
Per sapere qualcosa di più della serie sfogliate la gallery in alto.
Il matrimonio
Etsy Schwartz (Shira Hass) è la protagonista di Unorthodox: la serie tv Netflix, tratta dal memoir di Deborah Feldman (Unorthodox: The Scandalous Rejection of My Hasidic Roots, tradotto in Italia dalle Edizioni Abendstern come Ex ortodossa. Il rifiuto scandaloso delle mie radici chassidiche), scandisce in quattro episodi il percorso di una giovane donna della comunità chassidica di New York, che lascia la sua casa per cercare sé stessa e il suo posto nel mondo. A garantire l’autenticità del racconto, la serie è girata in yiddish, lingua parlata da una comunità quasi del tutto decimata dall’Olocausto e oggi collante per molte comunità di ebrei ultra-ortodossi.
La comunità
Etsy Schwartz (Shira Hass) sposa a 19 anni Yanky Shapiro (Amit Raha). Così facendo, segue uno dei precetti della comunità chassidica in cui vive, un sistema basato su famiglie molto strette e molto chiuse, che decidono i matrimoni per i propri figli e fanno riferimento per ogni decisione al rabbino, che detiene un potere assoluto sulle vite di tutti.
I capelli
Divenuta sposa, Etsy (Shira Hass) deve tagliare i propri capelli e indossare una parrucca, nel rispetto del codice della modestia a cui devono obbedire le donne. I capelli, considerati una parte sensuale e privata della moglie, devono essere coperti, con un tichel, un foulard della tradizione, o con una parrucca (sheitel), come dimostrazione di devozione allo sposo.
La tecnologia
Yanky Shapiro (Amit Raha) e il cugino Moshe (Jeff Wilbusch) arrivano a Berlino con i loro abiti tradizionali: il rekel, il lungo cappotto nero, gli shtreimel, gli ingombranti cappelli di pelo, e i payot, i lunghi boccoli lasciati crescere davanti le orecchie in accordo con un passaggio del Levitico. A entrambi è vietato l’uso di internet, la lettura di libri laici e la visione di film.
Il ruolo della donna
Etsy (Shira Hass) è una giovane donna fertile e come tale è apprezzata all’intero della sua comunità, dove è sottoposta a una serie di regole legate all’impurità e al pudore. Quando visita una mikvah (un bagno rituale), un’assistente ispeziona le sue unghie e la sua pelle alla ricerca di sporcizia prima di poter fare il bagno, uno dei modi per assicurarsi che una donna sia pulita per suo marito. Una terapista locale le diagnostica del vaginismo, una condizione che rende dolorosi i rapporti sessuali, ma la esorta comunque a farcela. La suocera le dà lezioni sulla necessità di far sentire Yanky come un re in camera da letto.
Gli abiti
Una volta a Berlino, Esty (Shira Hass) è ancora vestita secondo le regole della modestia della sua comunità: porta un dolcevita accollato che le copre le braccia, una gonna nera sotto il polpaccio con pesanti calze color carne e la parrucca marrone che indossa da quando è diventata moglie. È solo lentamente che la ragazza si abituerà ai diversi modi e costumi.
La protagonista
Attrice israeliana classe ’95, Shira Hass è già apparsa nella serie Netflix Shtisel. Ha debuttato sul grande schermo in Princess, nel 2014. Nel 2015 ha partecipato al film Sognare è vivere (A Tale of Love and Darkness), diretto da Natalie Portman. Ha anche recitato ne La signora dello zoo di Varsavia (The Zookeeper’s Wife), al fianco di Jessica Chastain.
- Camera con vista
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