La grazia di Valentina Cortese, tra i domani passati e il rifiuto del presente
Addio a Valentina Cortese, la dama del cinema anni '40, che amava dire di se stessa "Sono sempre una bambina" e amò l'amore.
Addio a Valentina Cortese, la dama del cinema anni '40, che amava dire di se stessa "Sono sempre una bambina" e amò l'amore.
La signora delle scene è morta.
Se n’è andata silenziosamente, con quella discreta eleganza che, in fondo, ha contraddistinto tutti i suoi 96 anni.
Valentina Cortese, scomparsa il 10 luglio a Milano, non è stata “solo un’attrice”, ma la vera e propria incarnazione di una diva, una figura algida, leggiadra, a tratti persino impalpabile.
Una vera fata dal look etereo e dallo sguardo magnetico, dotata di un fascino naturale che attirava gli uomini come il canto delle sirene fece con Ulisse e i suoi marinai, una lady regina dei salotti dell’élite internazionale, con amici e amanti influenti, rimasta però, per sua stessa ammissione, la bambina dalla pelle di porcellana cresciuta in campagna e che guardava con malcelata meraviglia la “casa dei sciuri” che vide per la prima volta appena ragazzina.
Lo raccontava lei, in un’intervista per Repubblica del 2012:
[…] Sono cresciuta in campagna e ho ancora quelle persone dentro di me. La miseria, eppure la generosità dei poveri che danno ai poveri. La prima volta che sono entrata in una casa dei sciuri credetti mi avessero portata in chiesa. Le poltrone dorate, i lampadari di cristallo, i tendaggi di velluto. Ero una ragazzina. Quel giorno ho capito che il mondo si divide in ricchi e poveri. È il motivo per cui non ho mai battuto i piedi sul palcoscenico.
Del resto, nella medesima intervista Valentina disse di non essersi mai considerata un’attrice, “non ho mai veramente amato il mondo del cinema. L’amore si riconosce dall’amore. Una persona che sa amare ama la vita, ama l’umanità”.
Di amore, nella sua vita, ce ne fu sicuramente tanto. Per gli uomini che la accompagnarono per periodi, più o meno lunghi, da Victor De Sabata, all’attore Richard Basehart – padre dell’unico figlio, Jackie, morto nel 2015 – fino a Giorgio Strehler e Carlo De Angeli.
Ancora oggi amo gli uomini che ho amato, sono vibrazioni sottili che non so spiegare. Ho avuto amori e amanti. Non ho mai rivelato quelli segreti, caro, no, perché non sarebbero più segreti. Ho avuto tanto di tutto. Glielo dico con Rilke: l’amore è l’occasione unica di maturare, di prendere forma, di diventare in se stessi un mondo.
[…] Una componente dell’amore che io coltivo da sempre è l’ammirazione. Ho sempre ammirato i miei uomini, è un modo di avere cura dell’altro. È terapeutico prendersi cura di qualcuno. Sono stata amata da uomini molto alti, mi guardavano da lassù e io smettevo di sentirmi sola e di avere paura. Li piango ancora e ci sono sere in cui rileggo le loro lettere.
Valentina Cortese, in realtà, amava l’amore: quello fatto, soprattutto, non detto, perché, come sosteneva “le persone che non sanno amare parlano sempre d’amore”.
Amava l’idea stessa dell’amore, quella totalizzante, non intesa come annullamento di se stessi, ma piuttosto di sentimento rivolto a tutto, in maniera completa, indistinta.
Posso amare un gatto, un Rembrandt, un bellissimo giovane o un anziano pieno di fascino. Ciò che conta è volare alto. I corvi vanno a schiera, le aquile volano sole. Mi spiego meglio: lei ha mai visto camminare un’aquila? Le aquile sono destinate a volare in alto, non a stare nei pollai.
Nella sua vita costellata di magnificenza e ammirazione, forse, solo un grande rimpianto: sua madre, “intravista appena e conosciuta soltanto come la zia Olga. Sono stata cresciuta e amata dalla balia, mamma Rina, ho sempre considerato lei la mia vera madre”.
E un grande dolore, quello per Jackie, cui è dedicato il libro autobiografico Quanti sono i domani passati, edito nel 2012, in cui la Cortese lo rivede muovere i suoi primi passi, a nove mesi. Come detto, Jackie Basehart morirà nel 2015, a 63 anni, afflitto da una grave malattia.
In quell’autobiografia Valentina ripercorreva, a ritroso, la carriera scintillante di una stella con amici e amori da copertina che, però, tolti gli abiti di scena, resta una donna come tante, con la gioia e la sua disperazione di vivere. Afferma di dissociarsi dal presente distratto che non vede le cose essenziali. Dice di non voler aderire alla bruttezza ed alla volgarità non sentendosene parte.
E che, già nel 2012, pensando alla propria morte, aveva le idee chiare, come sempre, del resto.
Copritemi con un vecchio vestito di scena oppure semplicemente con un lenzuolo e buttatemi nel fuoco – diceva – Mettete le mie ceneri accanto a quelle dei miei cani che sono già sei. E io vi prometto che conserverò il mio sguardo incuriosito se, di là, dovessi scoprire che esiste il paradiso.
Un Paradiso che, per lei, era fatto solo di una cosa:
Molti alberi.
Valentina Cortese è stata uno dei volti noti del cinema italiano e internazionale degli anni ’40. Il suo debutto sul grande schermo arriva nel 1940 con L’orizzonte dipinto, ma il primo ruolo importante fu quello di Lisabetta nel film La cena delle beffe (1942) di Alessandro Blasetti.
Dopo alcuni film, fra cui La regina di Navarra, Orizzonte di sangue e Quartetto pazzo, girati fra il 1942 e il 1945, Valentina diventa una diva e partecipa a film come I miserabili (1948) in cui compare un giovane Marcello Mastroianni, con cui lavorerà, nel 1953, anche in Lulù .
Nel 1948 la 20th Century Fox le fa firmare un contratto; lavorerà con James Stewart e Spencer Tracy in Malesia (1949), con Jules Dassin che la dirigerà ne I corsari della strada (1949), e ancora ne La contessa scalza (1954) con Ava Gardner, Humphrey Bogart e Rossano Brazzi, mentre in Italia vincerà il Nastro d’argento come migliore attrice non protagonista per Le amiche del 1955.
Proprio di Bogart la Cortese disse
Aveva un carattere chiuso e difficile, qualcosa di indefinibile lo rendeva unico. Anche senza parlare ti comunicava ciò che voleva. Era misurato e preciso nella recitazione. Sembrava volesse mangiare tutte le donne.
Nel 1958 si ritirò temporaneamente dalle scene dopo il matrimonio sfortunato con Richard Basehart, che aveva sposato il 24 marzo 1951 e da cui divorziò nel 1960. Durante la gravidanza di Jackie Valentina dovette rinunciare al ruolo di protagonista femminile nel film di Charlie Chaplin Luci della ribalta del 1952, poi assegnato a Claire Bloom.
Nel 1961 Valentina Cortese interpreta Barabba, con Anthony Quinn, Silvana Mangano, Vittorio Gassman ed Ernest Borgnine, mentre nel ’64 viene diretta anche da Federico Fellini in Giulietta degli spiriti, e nello stesso anno duetta con Ingrid Bergman in La vendetta della signora.
Fellini: era un adorabile bugiardo. Ho già detto tutto di Fefè. Aveva una strana attrazione per l’ambiente della cucina, la immaginava come la fucina delle trasformazioni. Ingrid Bergman era un angelo. In lei c’è sempre stato qualcosa che andava al di là del suo fascino di donna e attrice. Quando a Hollywood stetti male, molto male, quasi morivo, lei senza neanche conoscermi mi mandò immediatamente il suo medico. La rividi a Parigi negli anni ’70, venne a vedermi recitare nel Giardino dei ciliegi, la sua umanità non era cambiata.
Nel 1973 lavorò con François Truffaut in Effetto notte (premiato con l’Oscar al miglior film straniero), ottenendo una nomination all’Oscar come miglior attrice non protagonista. La vincitrice di quell’anno, Ingrid Bergman, premiata per Assassinio sull’Orient Express, durante la cerimonia di consegna del premio si scusò pubblicamente con la collega e amica, affermando che Valentina lo avrebbe meritato di più.
Già lo scorso anno quando vinse come miglior film straniero mi stupii che non fosse candidata anche Valentina Cortese per la sua straordinaria performance. Perdonami Valentina.
Fu diretta da Franco Zeffirelli nel film Fratello sole, sorella luna (1971), nello sceneggiato televisivo Gesù di Nazareth (1976), nel ruolo di Erodiade, e in Storia di una capinera (1993).
La sua ultima apparizione televisiva fu nel 2012 a Che tempo che fa.
De Sabata è stato l’incandescenza dell’amore. Di Basehart non voglio parlare, è solo il padre di mio figlio. Quello con Strehler è stato il sentire all’unisono, corpo e anima, fino ai dettagli più insignificanti come la tazza di cioccolata che Giorgio mi preparava la notte dopo teatro. Carlo De Angeli è stato l’amore maturo, quello della mutazione reciproca.
Ha raccontato nell’intervista a Repubblica, parlando dei suoi uomini. Ma nella vita di Valentina Cortese ci sono state anche le amicizie con Federico Fellini, Marilyn Monroe, François Truffaut, fino ad Alda Merini.
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