In un mondo perfetto, una madre, una compagna o una sorella non dovrebbero essere costrette a votare la loro vita alla ricerca di una giustizia. Non dovrebbero diventare delle donne guerriere, nell’accezione positiva del termine, per cercare una risposta alla morte o alla scomparsa dei loro cari. In un mondo perfetto sarebbe lo Stato a vigilare sulla verità, ma le cose non funzionano così. Ecco perché conosciamo ormai molto da vicino le storie di Ilaria Cucchi, Mina Welby e molte altre eroine coraggiose. Già, perché le vogliamo chiamare proprio così.
In particolare, meritano di essere lette e rilette le parole di Luciana Alpi, scomparsa nel 2018 dopo oltre 24 anni passati a cercare la verità sulla fine di sua figlia, Ilaria Alpi, uccisa in Somalia nel 1994. Era il 2017 e in un’intervista ad Articolo 21 esprimeva tutta la sua amarezza per la mancanza di supporto da parte delle istituzioni. Parlare di lei e delle altre donne serve anche a tenere viva la speranza di chi ancora non sa, ma che non vuole arrendersi.
La verità non la vogliono. Fanno passare gli anni sperando che quando verrà la mia ora non ci sarà più nessuno che continuerà a insistere per chiedere verità e giustizia.
Sfogliate la gallery per ripercorrere la storia di 10 donne guerriere…
Felicia Bartolotta, mamma di Peppino Impastato
Il 9 maggio 1978, il giornalista Peppino Impastato viene trovato morto a Cinisi, in provincia di Palermo. Dopo diversi anni di attivismo e denuncia delle attività mafiose, aveva deciso di candidarsi nella lista di Democrazia Proletaria per portare avanti la sua lotta. La sua morte, avvenuta in campagna elettorale, passa quasi inosservata perché avvenuta proprio nelle stesse ore del ritrovamento del cadavere di Aldo Moro. Inoltre, chi ha ucciso Peppino voleva che sembrasse un suicidio. La matrice mafiosa viene scoperta solo grazie alla lotta di sua madre, Felicia Bartolotta, e del fratello Giovanni. Grazie ai documenti forniti, anche su parenti stretti, la magistratura decide di riaprire il caso: nel 1983 arriva la sentenza ufficiale di omicidio mafioso, commesso da ignoti. Il caso viene riaperto nel 1996, ma solo nel 2002 si arriva alla condanna del mandante, il boss Gaetano Badalamenti.
Ilaria Cucchi, sorella di Stefano Cucchi
Il 22 ottobre 2009, il trentunenne romano Stefano Cucchi muore mentre si trova in custodia cautelare per possesso e spaccio di droga. I genitori e la sorella Ilaria, a cui era stato negata la visita mentre il ragazzo era ricoverato al Fatebenefratelli per gravi problemi di salute, capiscono subito che qualcosa è andato storto. Sul corpo di Stefano, infatti, erano presenti vistosi segni di percosse. Inizia una lunga battaglia legale, che ha visto Ilaria Cucchi esporsi in prima persona per conoscere la verità, che giunge solo nel 2018, quando emerge che uno dei carabinieri aveva subito denunciato il pestaggio da parte di alcuni colleghi. Per la famiglia Cucchi è la fine di un incubo giudiziario.
Lucia Uva, sorella di Giuseppe Uva
Come Stefano Cucchi, anche Giuseppe Uva muore mentre si trova nelle mani dello Stato. Nella notte fra il 14 e il 15 giugno 2008, viene portato prima alla caserma dei carabinieri di Varese e poi in ospedale per un Trattamento sanitario obbligatorio. Il giorno dopo muore, a soli 43 anni. Inizia così la battaglia della sorella Lucia Uva, che non crede alla morte per cause naturali e accusa i poliziotti e i carabinieri presenti quella notte. Secondo un amico del fratello, presente al momento dell’arresto, sarebbe stato pestato a morte perché “colpevole” di aver avuto una relazione con la moglie di un carabiniere. La sentenza d’appello, nel maggio 2018, ha però ribadito che l’uomo sarebbe morto solo per un’aritmia cardiaca.
Luciana Alpi, madre di Ilaria Alpi
La giornalista Ilaria Alpi viene uccisa il 20 marzo 1994 in Somalia, dove si trovava con il cameraman Miran Hrovatin per girare un servizio sul traffico di armi e di rifiuti tossici. Fin da subito le indagini avanzano a fatica, senza mai arrivare alla verità: la madre di Ilaria, Luciana Alpi, lotta per decenni contro un muro di silenzio. Si arrende solo alla morte, nel 2018, dopo 24 anni passati a cercare risposte dalla magistratura.
Maria Pezzano Orlandi, madre di Emanuela Orlandi
Il 22 giugno del 1983 la quindicenne Emanuela Orlandi scompare misteriosamente a Roma: la sua famiglia inizia a chiedere risposte, che non arriveranno mai. Tante le piste, dal collegamento con l’attentato a Giovanni Paolo II alla Banda della Magliana, ma a distanza di oltre 35 anni non sappiamo ancora che fine abbia fatto la giovane. Sua madre, Maria Pezzano Orlandi, non ha mai smesso di cercarla. Nel giorno in cui avrebbe compiuto 50 anni, il 14 gennaio 2018, ha scritto una lettera aperta, pubblicata dal Corriere.
Figlia mia, oggi compi cinquant’anni. Dovrei immaginarti con i capelli striati di bianco e qualche ruga in viso, ma non ci riesco. Ti rivedo sempre ragazzina, che mi corri incontro per darmi un abbraccio e un bacio dicendomi «ti voglio bene». Lo aspetto ancora il tuo abbraccio, così come aspetto sempre da un momento all’altro di sentire le prime note del «Notturno» di Chopin che suonavi così tanto bene e che mille volte hai provato a insegnare a Pietro senza troppo successo. Lui non è riuscito ad andare avanti nell’apprenderlo così come noi non siamo riusciti ad andare avanti nelle nostre vite da quando t’hanno strappata via da noi. […] Ti abbiamo cercato per tutti questi anni e continueremo a cercarti. Non smetteremo mai. Non ci arrenderemo mai. Finché avremo forza, finché avremo fiato, finché avremo vita, tu sarai sempre il nostro primo pensiero. La mia speranza, mai sopita, è che chi sa cosa ti ha portato via dalla tua casa possa avere un rigurgito di coscienza e indicarci come ritrovarti. Auguri Lellè, buon compleanno figlia mia.
Mina Welby, moglie di Piergiorgio Welby
Artista, giornalista e attivista, Piergiorgio Welby si ammala di distrofia muscolare all’età di sedici anni, negli Anni Sessanta. La malattia lo costringe a lasciare la scuola e secondo i medici non riuscirà a sopravvivere oltre i vent’anni. Perde la capacità di camminare e di parlare, ma sopravvive, tra dolori indicibili. Conosce Wilhelmine Schett, detta Mina, e la sposa: sarà proprio lei a rimanergli accanto fino alla fine. Negli Anni Ottanta, quando la situazione per lui diventa ancora più complicata, comincia a invocare l’eutanasia. Mina è con lui nella sua battaglia legale e, dopo la morte del marito nel 2006, continua a portare avanti il dibattito sulla scelta del fine vita.
Paola Regeni, madre di Giulio Regeni
Dottorando italiano dell’Università di Cambridge, Giulio Regeni viene rapito al Cairo il 25 gennaio 2016 e ritrovato senza vita il 3 febbraio successivo nelle vicinanze di una prigione dei servizi segreti egiziani. Sebbene sul suo corpo ci siano segni di terribili torture, le autorità egiziane inizialmente parlano di un incidente stradale, poi avanzano altre ipotesi improbabili come un omicidio per problemi personali o per droga. I genitori di Giulio, Paola e Claudio, la sorella Irene e gli amici iniziano la loro battaglia per conoscere la verità, che potrebbe essere legata alle ricerche che il giovane ricercatore stava compiendo. Una battaglia che oggi non ha ancora ottenuto risposta.
Patrizia Moretti, mamma di Federico Aldrovandi
La notte del 25 settembre 2005, il 18enne Federico Aldrovandi trascorre una serata in un locale di Bologna. Ha assunto piccole quantità di alcol e droga, ma è lucido. Gli amici lo riaccompagnano a Ferrara e lo lasciano nella via dove abita con la sua famiglia. Lì avviene l’incontro fatale con una pattuglia di poliziotti. Poche ore dopo, l’automedica arriva sul posto e lo trova ammanettato e in fin di vita, con evidenti segni di pestaggio. Dopo lunghe indagini e un complicato iter processuale, nel 2009 quattro poliziotti vengono condannati per eccesso colposo nell’uso legittimo delle armi. La madre di Federico, Patrizia Moretti, ha continuato a vigilare per fare luce su quanto accaduto veramente.
Valeria Imbrogno, fidanzata di dj Fabo
Fabiano Antoniani, conosciuto semplicemente come dj Fabo, viveva da tetraplegico e cieco dal 2014: tutta colpa di un incidente stradale. Lui, che non aveva nemmeno 40 anni ed era pieno di energia, non riusciva ad accettare quella vita. Quando le ha detto di non voler più vivere, la sua fidanzata Valeria Imbrogno ha provato a fargli cambiare idea. Poi ha accettato e ha condiviso con lui la battaglia legale per la morte assistita, avvenuta in Svizzera nel febbraio 2017. Così Valeria ha raccontato la sua esperienza dolorosa a Milleunadonna:
Con Fabiano c’era una complicità che era nata subito ed è il motivo forse per cui ci siamo amati tanto. Sempre era presente il concetto che la vita è bella e va vissuta in piena libertà di scelta. Il concetto di essere liberi sempre, di poter scegliere per se stessi. Dalle scelte quotidiane alle cose più importanti. Quella volontà ci ha dato forza anche nell’ultimo periodo della battaglia che abbiamo fatto insieme
Filomena Iemma, madre di Elisa Claps
Settembre 1993: Elisa Claps, studentessa sedicenne del liceo classico di Potenza, esce di casa per andare in chiesa insieme a un’amica e non ritorna più. I suoi resti vengono trovati in quella stessa chiesa solo nel 2010: fin dalla scomparsa, la madre della giovane aveva puntato il dito contro Danilo Restivo, senza però essere ascoltata dalla magistratura. E Filomena Iemma aveva ragione, peccato che nessuno l’abbia voluta ascoltare in tutti quegli anni. In seguito ha anche esortato la Chiesa a parlare sul caso, ma ancora oggi resta il mistero su come il corpo di Elisa sia potuto restare nascosto per così tanto tempo in un edificio religioso.
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