Citazioni di Alberto Sordi
Nei casini ho visto nascere certi matrimoni tra i più ammirati nel mondo.
La ginnastica, il footing e le attività del genere sono in gran parte masochistiche, punitive della nostra istintiva passione per la spaparanzata.
Ero in piazza Navona, il cuore della città. A un certo punto vedo spuntare, prima a destra e poi a sinistra, quattro ceffi che non promettevano niente di buono. Questi ti fanno blu, mi sono detto. Per fortuna, arrivato a pochi passi da me, uno dei ceffi mi riconosce: "Albe' - grida - Albertone bello, ma dove cavolo vai a quest'ora di notte?". E rimettendo in tasca qualcosa, che poteva essere una pistola o un coltello, mi dà una gran botta sulla spalla. Così fanno anche gli altri manigoldi. "Andiamo a bere qualcosa!" dice uno coi baffi. "No, grazie - mi difendo - ho un gran mal di testa, fate finta che ho accettato". Qualche volta anche i teppisti hanno un'anima. Ma fino a quando?
Roma è diventata un brutto parcheggio. È indecente il modo in cui viene degradata una delle più belle città del mondo.
Aldo Fabrizi è stato un grandissimo attore comico. Ma i soliti snob lo trascurano, lo confondono con le sue macchiette e le sue ricette di pastasciutte. Purtroppo, succederà a Fabrizi quello che è capitato a Totò: verrà beatificato solo dopo la morte. Lontana sia. Questo è un Paese dove i critici si commuovono solo sui marmi dei sarcofagi.
Eleonora Duse non fu quel mostro di bravura che dicono. Anzi. Gente degna di fede assicura che in molte cose era abbastanza mediocre.
Mussolini mi faceva ridere. Per me era un grande attore comico, forse involontario. Naturalmente lo ammiravo, come tutti. Però, ripeto, mi faceva ridere. Aveva delle battute impressionanti.
Avevo intorno ai tredici anni, era il 1933, quando incontrai Benito Mussolini. Ci sembrò un sogno. Una mattina alle 9, a Palazzo Venezia, l'usciere Navarro ci fa entrare nella mitica Sala del Mappamondo. Era immensa e lustra come uno specchio. Mi tremavano le gambe. Il Duce ci aspettava dietro un grande tavolo. Salutiamo romanamente nelle nostre divise fiammanti. Poi il Duce parla con voce rotonda: "Camerati, vi ascolto". Al che il veterano si slancia in avanti: "Eccellenza, Duce, ecco il mio piano laborioso. Darà lavoro a centinaia di persone". E gli porge alcuni fogli con mappe e grafici. Passano cinque, dieci secondi, sufficienti perché Mussolini intuisca tutta l'inconsistenza del progetto. "Mi vorreste alla posa della prima pietra? No - dice -, vi do tempo. Verrò all'ultima". Così ci licenzia, e noi usciamo dal palazzo come cani bastonati. [...] Mi è servito in seguito. Non ho più raccomandato nessuno. Quando c'è qualcuno che insiste, gli dico: guarda, mi è andata male perfino con il Duce.
La sa quella storiella su Kissinger? Aeroporto di Washington: atterrano contemporaneamente tre jet, uno proveniente da Pechino, l'altro da Mosca, il terzo da Tel Aviv. E da tutti e tre scende, sorridente, Henry Kissinger. Divertente, no? La metterò nel film, che ne dice?
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