Citazioni di Aldo Busi
La vera, devastante solitudine non è di chi è solo da solo con se stesso, ma di chi è in due e dispera di poter essere di nuovo solo da solo.
Quelle rare volte che esco da casa e entro in Italia - a cena, al cinema, nei negozi, in un giornale, in una televisione, in un dibattito o in un letto - vorrei essermi amputato le gambe prima di farlo.
Io ho bisogno di amore intellettuale, di partecipazione attiva e in prima persona; ho bisogno di altro coraggio, non posso sempre e soltanto produrmelo da me.
Incontrare un italiano, per me, ormai significa incontrare un bidone, il solito intimista con la sua stracca mozione dei (suoi) sentimenti e dei suoi bisognini (sempre mitici).
Sono incapace di ogni diplomazia e mediazione, anche se mi picco di essere infinitamente più generoso che avido (come esigerebbe da me la mia vera natura) e quindi devo essere generoso con metodo; se scrivessi in un altro paese, e non in questo paese di bigotti dove anche Dio è cattofascista o cattocomunista, forse mi godrei un poco la vita, andrei in giro, avrei voglia di incontrare qualcuno.
La lezione, gli insegnamenti che incidono indelebili nel tuo carattere... che, data l'età avanzata e le poche novità nel sentimento dell'esistenza, credi ormai inalterabile come una roccia in una teca... e che danno una vera svolta al tuo modo di pensare, di sentirti, e di concepire le tue esperienze e tanto più tue quanto più sai di averle prese in affitto dagli altri... per esempio dal Monte di Pietà dell'amore che usuri... ti cadono in testa senza che te l'aspetti.
Si è diventati vecchi quando ti svegli nel cuore della notte, una notte senza cuore e né capo né coda, diciamo alle tre e dieci del mattino, accendi la prima sigaretta e cominci a riempire l'annaffiatoio al lento rivolo del rubinetto del bagno di sotto, dove la pressione stamattina non potrebbe essere più bassa e più snervante l'attesa del pieno a filo del tettuccio, e vai avanti e indietro dieci volte dai vasi di geranio del balcone e dalle aiuole col gelsomino rampicante e la rosa e il cespuglio di trifoglio rosa incastonate nelle scale dell'entrata e i due pungitopo nelle giare calabre, e quando dopo un'ora di zelo riparatore guardi soddisfatto il tuo operato e fai per rientrare, senti un rumore strano alle tue spalle, come di denti del giudizio o monetine scroscianti su un tamburo, ti giri a bocca beante e in quell'istante è cominciato a piovere.
Quand'è che si è vecchi? Quando non ci si piace più e il pensiero di piacere a qualcuno, tu che non ti piaci più, ti riempie di sgomento, e di orrore, per te e l'improvvida creatura, segnata dai fulminanti traumi della sua indecifrabile crescita sentimentale, alla quale potresti far gola perfino tu, perché, suvvia, se non fosse un magma di poco di buono non si accontenterebbe perfino di te e in modo così chiaro e disteso, con tanta semplice semplicità.
A pezzi o interi non si continua a vivere ugualmente scissi? E le angosce di un tempo ci appaiono come mondi talmente lontani da noi, oggi, che ci sembra inverosimile aver potuto abitarli in passato.
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