Citazioni di Andre Agassi
[«Si può essere felici e vincere?»] Io non ci sono riuscito. Pensavo troppo, anche se mio padre me lo proibiva. Non volevo giocare a tennis e quello sparapalline contro cui dovevo combattere, 2.500 al giorno, ha rovinato la mia infanzia. Io sono cresciuto con le ossessioni e con le frustrazioni, forse Federer sarà diverso. Ma fino a quando si sta nel fuoco non si sentono a fondo le scottature. Hai bisogno di allontanarti dall'azione per riuscire a sentire il suo respiro. Forse tra qualche anno anche Federer e quelli che sembrano vincere con calma ed equilibrio scriveranno i loro libri e verrà fuori tutta un' altra storia. È che io sono diventato famoso in fretta, ma ci ho messo molto a crescere.
[Sul padre] È convinto che il tennis abbia rovinato il nostro rapporto, non lui. Non mi chieda se si sente in colpa, lui pensa di non averne di colpe, anzi rifarebbe tutto quello che ha fatto, ne è fiero. Quando dopo tre sconfitte nelle finali del Grande Slam ho vinto contro Goran Ivanisevic a Wimbledon e ho chiamato casa, papà mi ha detto: come hai potuto perdere il quarto set?
Io mio padre sono arrivato a capirlo. È arrivato dall'Iran e a noi figli ha voluto regalare il sogno americano, lui non aveva mai potuto scegliere. Avevo sette anni quando mi disse che sarei diventato numero uno. Per lui contavano forza e disciplina, non il calore umano, né la fragilità. Ora ci abbracciamo, ma prima evitava ogni contatto fisico. Solo quando mi ha visto a pezzi, all'Us Open del 2006, allora ha odiato anche lui il tennis e ha realizzato quanto fisicamente mi avesse fatto male dare tutto.
Però al mondo c'è un sacco di gente che non sta bene nella sua pelle, a disagio nei matrimoni, nell'adolescenza, con se stessa. Sarò presuntuoso, ma volevo dire che si può arrivare a capirsi. Se l'ho fatto io, ci possono riuscire anche gli altri. Il libro [Open. La mia storia] si fonda su questa speranza: si è persi, ma ci si può ritrovare. Non è sul tennis, ma su come sia difficile confrontarsi con la propria identità. L'ho scritto: amo e riverisco tutti quelli che hanno sofferto.
Ho sempre avuto questa sensazione, anche quando giocavo, voi sentivate che ce la mettevo tutta, che cercavo una quadratura, di mettere i pezzi insieme, anche nella vita. Ci mettevo passione, voglia, allenamento, pure nei miei sbagli. Ero disturbato, ma voi sembravate non farci caso. Davo l'idea di un bullo arrogante, ero solo pieno di ansie. C'è gente che dentro il campo rinasce, diventa leone, si sente finalmente bene, io invece stavo male da cani. Bastava un ritardo per la pioggia e già cadevo in confusione, mi venivano i dubbi, le incertezze. È stato brutto vivere così, anzi patire.
Non posso che ammirare Connors per il fatto di rimanere se stesso, immutabile, senza mai cambiare. Dovremmo essere tutti altrettanto fedeli a noi stessi, altrettanto coerenti.
[Su Rafael Nadal] È un bruto, un mostro, una forza della natura, il tennista più forte e mobile che abbia mai visto.
Vado a Montreal e mi faccio strada con le unghie e con i denti sino alla finale contro un ragazzino spagnolo di cui tutti parlano. Rafael Nadal. Non riesco a batterlo. Non lo capisco. Non ho mai visto nessuno muoversi in quel modo su un campo da tennis.
[Su Roger Federer] È cresciuto sotto i miei occhi, diventando uno dei più grandi tennisti di tutti i tempi. Si porta metodicamente in vantaggio, due set a uno, e io non posso che farmi indietro e ammirare le sue immense capacità, la sua magnifica compostezza. È il tennista più regale che abbia mai visto.
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