Citazioni di Aristofane
Servo A: Dà, dà una pizza per lo scarafaggio, sbrìgati! Servo B: Eccola, dagliela, gli prenda un accidente a secco! E non gli càpiti di trangugiare mai pizze piú ghiotte! Servo A: Un'altra, qui, di merda di somaro! Servo B: Siamo daccapo? E dov'è andata quella che gli hai portata adesso adesso? Non l'ha voluta? Servo A: Macché! Se l'è ghermita, ne ha fatto con le zampe una pallottola, e giù, un boccone! E intridine dell'altre, svelto! E compatte!
Sosia: Ehi, che fai, Rosso, poveraccio? Rosso: Monto la guardia! Cerco d'ammazzare il tempo! Sosia: Hai qualche vecchio conto da saldare alle tue coste? Sai che bestia è quella che custodiamo? Rosso: Altro se lo so! Ma voglio appisolarmi un pocolino! Sosia: E tu risica! Giusto anche a me scende un sonno dolce dolce sulle pàlpebre!
Ahimè, o potente Giove, come sono lunghe queste notti! Non finiscono più. Non vorrà mai farsi giorno? Eppure è da un pezzo che ho sentito il gallo, m i servi giù ancora a russare... ... (guardando il figlio) E neppure questo bellimbusto si sveglia la notte, ma, tutt'avvolto in un mucchio di pellicce, pacifico scorreggia.
Chi vi vuole bene, vi fa paura.
Prassagora: Della tornita lampa occhio fulgente, ora che appesa e bene in vista sei, la tua sorte esporremo e i tuoi natali. Poi che da figulino impeto espressa col volubile disco, un rutilante sole hai nel becco, dà con la tua fiamma il convenuto segno. In te soltanto fiducia abbiamo, e con ragion; ché pure quando proviamo afrodisiache pose nelle stanzucce nostre, e tu ne assisti; né dai suoi Lari alcuno esclude mai la tua pupilla, vigile dei corpi agl'intrecci lascivi; e sola brilli nei penetrali delle cosce arcani, e il pel florido v'ardi. E quando l'arche di pomi colme e del licor di Bacco saccheggiamo, ne assisti; e non spettegoli quanto con noi facesti, al vicinato.
La patria è sempre dove si prospera.
Nocciola: Giove mio! Santi Numi! Oh, che fastidio stare al servizio d'un padrone pazzo! Il servo potrà dar consigli d'oro sin che gli piace: se chi tiene il mestolo si vuol rompere il collo, dopo, i guai sono a mezzo! Ché il diavolo non vuole ch'abbia la signoria del proprio corpo chi ci sta dentro, ma chi l'ha comprato. Cosí vanno le cose! E adesso, poi, io me la piglio con l'ambiguo Apollo, che dal tripode d'oro oracoleggia. Non ho forse ragione? Lui che, dicono, è medico e indovino da cartello, ha rimandato il mio padrone pazzo da legare. Ché va dietro le peste d'un uomo cieco; e fa tutto il contrario di quello che dovrebbe. Perché noi che ci vediamo, li guidiamo, i ciechi. Questo si fa guidare, e vi costringe me, né risponde sillaba.
Se cediamo, se gli diamo il minimo appiglio, non ci sarà più un mestiere che queste, con la loro ostinazione, non riusciranno a fare. Costruiranno navi, vorranno combattere per mare [...]. Se poi si mettono a cavalcare, è la fine dei cavalieri.
E noi, anche bevendo, ci siamo comportati saggiamente. | È naturale, visto che quando siamo sobri ci comportiamo da stupidi.
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