Citazioni di Harlan Ellison
C'è una maledizione sulla porta che conduce alla mia tomba. Dice, in guardia, o voi che entrate perché qui giacciono le prove empiriche che siamo tutt'uno, viviamo nella stessa pelle, ognuno di noi condannato a fare i conti con la responsabilità per il nostro passato, i nostri ricordi, il nostro destino, tutti quanti elementi nella grande congerie della vita. E se trovate angoscianti questi sogni oscuri, forse è perché sono i vostri sogni.
Non scrivo un diario. Uno scrittore cannibalizza la sua vita e i suoi ricordi, sì, è vero. Ma niente è più noioso che lamentarsi con insistenza nella narrativa. I ricordi personali appena appena travestiti non sono narrativa. Quelli che, in passato, mi hanno identificato con qualsiasi cosa metto giù nelle mie storie, hanno postulato che io sia un assassino, un travestito, un cannibale, un sessista, un femminista, un razzista, un egualitario, uno snob, un vegetariano, un esteta, una persona qualunque, uno psicopatico, un pacifista, un pederasta, un donnaiolo, uno che colpisce a casaccio e un lavoro-dipendente. Nonostante non abbia mai usato stupefacenti, c'è un vasto segmento del mio pubblico che giura che sono uno che si fa.
Dodici minuti [...] corrispondono all'effettiva durata verificata del dolore genuino. Qualsiasi cosa oltre i dodici minuti è autocommiserazione, e tentativi inutili di far sembrare più importanti i primi dodici minuti. Siamo una specie vanagloriosa, e se fossimo capaci di afferrare il fatto che anche la più sauvage di quelle che i francesi chiamano la grand passion provoca solo dodici minuti reali di dolore intenso, prima di cominciare ad attenuarsi, correremmo tutti sulle scogliere per buttarci come tanti lemming. Così lo giustifichiamo intensificandolo, facendolo sembrare importante, più logorante. Andiamo in giro per vent'anni dopo che la relazione s'è rotta, battendoci il petto e alzando lamenti al cielo.
Ciascuno di noi si muove nella vita sotto l'ombra dei ricordi d'infanzia. Non dimentichiamo mai. Siamo piegati e influenzati e cambiati da quelle antiche paure e quegli odi. Sono i terrori mortali che in un milione di modi appena percettibili ci modellano e ci guidano verso il nostro destino. È davvero impossibile capire che quei ricordi sono solo il passato morto, vano; che non necessariamente ci devono incatenare?
Sembra spesso egocentrismo estremo. Vi assicuro che è l'ardita copertura di chi in realtà è assolutamente terrorizzato.
Quando te ne stai lì da solo, davanti alla macchina da scrivere, e ogni nuovo racconto che scrivi è un'opportunità per il mondo di valutare se ce la fai ancora o no, tutto quello che hai sono l'arroganza, la stima di te e una respirazione profonda.
Gli scrittori non sono creature mitologiche che vivono su montagne di cristallo. Sono lavoratori che operano con materiali inesplicabili e invisibili, ma né più né meno nobili di un ebanista orgoglioso della sua capacità artigianale, che si accerta che le rivettature siano lisce e strette; non meno avvicinabile di un muratore di classe che si rallegra dell'aspetto di una fila di mattoni posati come si deve; non più misterioso od onorabile di un insegnante che sa far rivivere la Guerra delle Due Rose per i ragazzi.
Chiamatemi come vi pare. È un problema vostro, amici, non mio. Anarchico, libertino, stronzo, mostro, piromane, pedofilo, assassino, amante della musica caramellosa di Lawrence Welk... le cose più spaventose che voi o io possiamo pensare. Cosa volete che me ne freghi? Resto sempre io quello che è in grado di scrivere questi racconti. E nessuno ha mai detto che Dostoevskij era un modello di virtù; ma penso che si sia ampiamente guadagnato il paradiso scrivendo L'idiota.
Ho preso ciò che mi avete dato (anche se non sapevate che stavo guardando) e l'ho passato attraverso il filtro della mia immaginazione, al solo scopo di restituirvelo, spero, con una certa chiarezza. Se volete usare al meglio questi bocconi e queste scintille delle vostre vite, vi esorto a tenere davanti allo specchio del fantastico le realtà qui ritratte. Le cose sembrano spesso più chiare nella luce argentea dello straordinario. Certi la chiamano magia.
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