Citazioni di Luigi Capuana
"No, non ridere!", esclamò Lelio Giorgi, interrompendosi. "Come vuoi che non rida?", rispose Mongeri. "Io non credo agli spiriti". "Non ci credevo... e non vorrei crederci neppur io" riprese Giorgi. "Vengo da te appunto per avere la spiegazione di fatti che possono distruggere la mia felicità, e che già turbano straordinariamente la mia ragione".
Massaio Turi aveva incontrato il ragazzo una sera nel punto dove finisce, sul ciglione della Arcura, la scorciatoia che dal mulino di Catalfàro conduce a Bardella. Il ragazzo stava accoccolato sur un sasso, con le mani strette dietro la testa. I gomiti aguzzi gli scappavano fuori dagli sdruci delle maniche della camicia. Non aveva scarpe ai piedi. La giacchettina scolorita e stracciata era buttata là accanto.
Don Paolo Forti faceva risonare nella cappella il brontolio degli Oremus e dei Dominus vobiscum, alzando o aprendo le braccia con lenti gesti, quasi a mostrare l'importanza attribuita a quella messa ch'egli veniva a dire ogni domenica nell'altare privilegiato in casa del marchese di Santacroce.
Il canonico Salamanca non amava molto il breviario; pure mancava di rado al coro, a recitare insieme con gli altri canonici l'uffizio di laudi e di vespro, perché allora il coro fruttava e le rendite venivano spartite soltanto tra i presenti, segnati su lo scartafaccio bislungo che si conservava in sagrestia.
Senza dubbio l'avevo veduta un'altra volta. Ma dove? Ma quando? Per tutta la giornata non ci fu verso di ricordarmene. E volevo rivederla, interrogarla, riannodare con lei una di quelle amicizie che cominciano da un nonnulla e diventano infine, massime trattandosi di donne, qualcosa di piú intimo dell'amicizia, un amore, che so io? Anche un matrimonio; ma dove cercarla? Come farmi intendere dalle persone che avrei dovuto interrogare?
Patrizio Moro-Lanza si sentiva da tre mesi così pienamente felice, che già cominciava a provare una superstiziosa paura, quasi presentisse che la sua cattiva sorte stesse in agguato a tramargli qualche crudele sorpresa. Gli pareva impossibile che la disdetta, da cui era stato perseguitato fin dalla fanciullezza, fosse ora cessata d'improvviso, appena entrata in casa di lui la bella e gentile persona divenuta da tre mesi la dolce compagna della sua vita. Avea notato, con grande meraviglia, che dal giorno del suo matrimonio tutto gli era riuscito bene. Fin le circostanze che da prima gli avevano prodotto un senso di stizza e di dispiacere, come l'improvviso traslocamento all'Agenzia delle Tasse di Marzallo e il vasto ex convento destinato da quel municipio per ufficio dell'Agenzia e per abitazione dell'Agente; fin queste circostanze si erano a un tratto mutate in favor suo e contribuivano a rendergli più deliziosa la cara solitudine della sua vita, fra la madre malaticcia sempre e sofferente e la giovane moglie che pareva gettasse attorno, per le malinconiche stanze della loro strana abitazione, sorridenti sprazzi di sole.
C'era una volta due vecchietti, marito e moglie, che vivevano poveramente. Non potevano più lavorare, e pensavano con terrore ai giorno in cui avrebbero finito di mangiare quel poco messo da parte in tant'anni di fatiche e di stenti.
C'era una volta un gessaio che aveva parecchi asini magri e sbilenchi, sui quali caricava i sacchi del gesso da portare a questo e a quello; uno poi, il peggio di tutti, spelato, con un moncherino di coda, pieno di guidaleschi, pareva si reggesse su le gambe proprio per miracolo.
C'era una volta un contadino che aveva una figliuola. Egli andava a giornata; la figliuola filava stoppa o tesseva tela per conto delle vicine: così campavano la vita. Avvenne una gran siccità: nei campi non nacque un filo di erba; e non ci fu più da lavorare per nessuno dei due. Avevano un gruzzoletto, messo prudentemente da parte nel buon tempo, e per parecchi mesi poterono tirare innanzi, vivendo quasi a pane e acqua. Il padre sospirava pensando all'avvenire; ma la ragazza, gioviale anche nella miseria, canticchiava da mattina a sera, come quand'era al telaio e con la rocca al fianco e lo stomaco pieno.
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