Citazioni di Philip K. Dick
Giovedì mattina, il 5 giugno 1952, giunse caldo e luminoso. La luce umida del sole bagnava i negozi e le strade. Scintillante sui prati, la fredda brina notturna si trasformava in vapore e risaliva verso il cielo azzurrissimo. Era il cielo del primo mattino; ben presto si sarebbe riscaldato e ingrigito. Una soffocante nebbiolina bianca sarebbe risalita dalla baia e avrebbe aleggiato opaca sul mondo. Ma erano solo le otto e trenta; il cielo aveva ancora due ore da vivere.
Quando entrò nell'appartamento, fu investito da un fracasso assordante e da colori abbaglianti. L'improvvisa cacofonia prodotta da quel gran numero di persone lo stordì. Consapevole dell'accavallarsi di forme, suoni, odori, indistinte macchie tridimensionali, ma sforzandosi di scorgere qualcosa attraverso quella confusione, si arrestò sulla soglia. Con uno sforzo di volontà riuscì in qualche modo a snebbiare l'immagine, e quell'agitarsi frenetico e privo di significato si trasformò lentamente in un quadro di movimenti quasi ordinati.
Alle tre e trenta della notte del 5 giugno 1992, il miglior telepate del Sistema Solare scomparve dalla mappa situata negli uffici della Runciter Associates a New York City. Ciò diede inizio agli squilli dei videofoni. L'organizzazione di Runciter aveva perso le tracce di troppi psi appartenenti al gruppo di Hollis negli ultimi due mesi; quell'ultima sparizione era la goccia finale.
Dal congelatore sul retro del negozio, Victor Nielson spinse un carrello di patate novelle alla zona verdure del reparto ortofrutta. Nel cesto quasi vuoto cominciò a gettare i tuberi nuovi, controllandone uno ogni dieci in cerca di macchie e spaccature sulla buccia.
I due giovani, una coppia, capelli e pelle scuri, probabilmente messicani o portoricani, stazionavano nervosamente davanti al bancone di Herb Lackmore e il ragazzo, il marito, disse in un sussurro, "Signore, vogliamo essere messi a dormire. Vogliamo diventare inerti."
Martedì 11 ottobre 1988 il Jason Taverner Show si concluse trenta secondi prima del solito. Un tecnico che osservava dalla bolla di plastica della cabina di controllo bloccò l'ultimo titolo di coda sulla sezione video, poi fece un cenno in direzione di Jason Taverner, che già stava lasciando il palcoscenico. Il tecnico si picchiò un dito sul polso, poi si indicò la bocca.
Era notte inoltrata quando l'agente Joseph Tinbane, passando con la sua aerovettura di pattuglia nei pressi di un cimitero estremamente piccolo e fuori mano, udì dei suoni lamentosi e ben noti. Una voce. Salì subito di quota superando gli appuntiti pali di ferro del malandato recinto del cimitero, discese all'estremità opposta, e si mise in ascolto. La voce, soffocata e debole, diceva: "Sono la signora Tilly M. Benton, e voglio uscire. C'è nessuno che mi sente?". L'agente Tinbane puntò i fari. La voce proveniva da sotto l'erba. Come aveva supposto, la signora Tilly M. Benton era sottoterra. Impugnò il microfono della radio di bordo e disse: "Sono al cimitero Forest Knolls (mi pare che si chiami così) e ho qui un 1206. Sarà meglio inviare un'ambulanza con una squadra di scavo: dal tono della voce, mi pare un caso urgente".
Alle sette del mattino, Allen Purcell, il giovane e progressista presidente della più nuova e creativa fra le Agenzie di Ricerca, perse una stanza da letto. In compenso guadagnò una cucina. Si trattò di un processo automatico, gestito da un nastro impregnato di ossido di ferro, sigillato nella parete. Allen non aveva voce in capitolo al riguardo, ma accettò di buon grado la trasfigurazione; era già sveglio e pronto ad alzarsi.
Il primo pensiero che Anderton ebbe quando vide il giovane fu: Sto diventando calvo. Calvo, grasso e vecchio. Ma non l'espresse a voce. Invece spinse indietro la poltrona, si alzò in piedi e, protendendo rigidamente la mano destra, girò intorno alla scrivania e andò incontro al nuovo venuto. Gli strinse la mano, sorridendo con forzata cordialità. "Witwer?" domandò, sforzandosi di pronunciare bene quel buffo nome. "Precisamente," rispose il giovane. "Ma lei può chiamarmi Ed, naturalmente. Cioè, se condivide la mia scarsa simpatia per i formalismi inutili." Un'occhiata alla sua faccia chiara, eccessivamente fiduciosa, gli fece capire che l'altro considerava la questione già risolta. Ed e John avrebbero collaborato fin dall'inizio nel modo più proficuo.
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